Stadio a Tor di Valle – tutti (o quasi) gli abomini della Determinazione della Regione Lazio

Rendering del nuovo Business Park di Tor di Valle griffato Libeskind-Ratti

Nella ormai lunga e tortuosa vicenda relativa allo Stadio “della” Roma a Tor di Valle, a conclusione della Conferenza dei Servizi, siamo giunti alla pubblicazione della Determinazione della Regione Lazio[1] che prevede, entro il 12 p.v., che le amministrazioni coinvolte debbano rilevare la rispondenza della documentazione aggiornata da Eurnova alle proprie prescrizioni in Conferenza dei Servizi e, eventualmente, approvare il verbale. Al termine di questa procedura il verbale sarà quindi inviato al Comune per la conclusione del suo iter procedurale.

A questo punto occorre quindi analizzare nel dettaglio tutta la documentazione e verificare che, sul piano tecnico – giuridico, tutto risponda alle norme e prescrizioni … a partire dalla Tabella riassuntiva – predisposta dal proponente e non dai giudicanti – riportata a partire da pagina 17 della Determinazione .

Come fa notare la rappresentante di Italia Nostra che sta seguendo giornalmente la situazione, a quanto pare «tutto si regge sull’assunto che – sempre ammesso e non concesso che il tutto sia sostenibile e l’iter non presenti vizi insanabili – l’adeguamento alle prescrizioni possa avvenire in fase esecutiva (tranne per quegli aspetti per cui Eurnova ha già mandato – o manderà – ulteriori elaborati progettuali). Per esempio, in relazione ad uno dei comparti, vien detto che i fabbricati dovranno essere adeguati al 1444/1968, lasciando aperto il dubbio che, allargando gli spazi tra i fabbricati, l’area di sedime potrebbe venir modificata, cambiando con essa i dati fondamentali del comparto.

Analoghi dubbi sono legittimi riguardo alla definitiva sistemazione di viabilità e trasporti, dove potrebbero esserci le sorprese maggiori».

Ebbene, come ricorda la stessa rappresentante, nei giorni a venire occorrerà verificare che le modifiche ed adeguamenti necessari (quelli indicati in rosso nell’ultima colonna della Tabella) possano farsi in sede esecutiva, senza però costituire “modifiche sostanziali” che, nel caso, cozzerebbero col rispetto della normativa in materia di lavori pubblici.

In attesa di una verifica approfondita che necessita dei disegni e delle misure dettagliate del tutto, però, potremmo iniziare ad evidenziare alcune cose emergenti dalla lettura della Tabella che, anche a un non esperto, saltano all’occhio come discutibili.

Certe cose dimostrano tra l’altro che, indipendentemente dallo sciacallaggio politico in atto nei confronti della giunta attuale – quest’ultima certamente condannabile per il voltagabbana dal 2014 ad oggi – su questa faccenda le altre forze politiche posseggono nei loro armadi più scheletri che Totò Baby … scheletri che, non solo non nascondono, ma addirittura ostentano in formule di approvazione atte a far sì che l’opera si realizzi e che risulti una responsabilità del Campidoglio.

Del resto, non dimentichiamolo, se ci si trova in questa situazione lo si deve alla Delibera della vergogna, firmata Marino & Caudo, all’appoggio incondizionato della Regione, al supporto interessato di Malagò & co. … inoltre lo si deve a chi abbia rimosso dal suo incarico la Soprintendente Eichberg – rea di aver osato fare il suo dovere sul vincolo – e, da ultimo, ai 100 milioni pubblici “destinati” – dai ministri Lotti e Del Rio –  alla realizzazione delle infrastrutture atte a rendere possibile questo privatissimo capriccio di Tor di Valle.

Veniamo quindi al dunque.

La Tabella contenente le “prescrizioni, osservazioni, raccomandazioni ed indicazioni contenute nei pareri” alla voce “Mobilità Sostenibile e applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) negli Appalti pubblici e qualità energetica degli edifici”, mostra come, nel dare il proprio assenso con osservazioni, il Vice Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, abbia sostenuto:

«[…] esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni:

Con riferimento alla mobilità sostenibile devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:

  • realizzazione di infrastutture di ricarica per veicoli elettrici installate presso i parcheggi a raso e multipiano in misura almeno pari allo 0,1% della capienza totale dello stadio;
  • realizzazione di un servizio di bike sharing con una dotazione di biciclette almeno pari allo 0,2% della capienza totale dello stadio».

Capiamo bene quindi che, nella limitatissima visione del problema urbanistico – tipica della nostra epoca – con una viabilità ed una ferrovia da terzo mondo che andranno a collassare ancor prima della prima partita di calcio[2], secondo il nostro Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la tanto sbandierata “mobilità sostenibile” si configura con qualche colonnina per la ricarica dei veicoli elettrici e con un servizio di “bike sharing” … quest’ultimo, evidentemente, destinato ad aspiranti suicidi in vena di pedalare – nelle ore serali – lungo la via del Mare, intasata dai tifosi invasati, diretti e/o di ritorno dallo stadio, o dal popolo suburbano diretto e/o di ritorno dal “Business Park” … davvero una cosa illuminante!

La Sora Lella commenterebbe “ah bhè, annamo bbenee … ma proprio bbene!

Relazione tra le “scelte progettuali connesse alla realtà territoriale” e il pericolo delle strutture realizzate per il fenomeno di subsidenza (fonte arch. Luciano Belli Laura)

Ma non pensate che sarebbe molto più sostenibile uno stadio urbano, accessibile ai pedoni come nella quasi totalità degli stadi inglesi –  regolarmente stracolmi di tifosi nonostante le pay TV – che non uno stadio suburbano, dipendente dall’autotrazione … sebbene dotato di colonnine (rigorosamente sostenibili) per la ricarica delle auto elettriche e provvisto di servizio di bike-sharing che mai nessuno utilizzerà?

Ancora una volta ci troviamo davanti al tipico abuso terminologico che prevede l’abuso del termine “sostenibile” atto a far passare come “cosa buona e giusta” una mera operazione speculativa.

Andando avanti nella lettura della Tabella, alla voce ”aree demaniali” si apprende che la Direzione Roma Capitale dell’Agenzia del Demanio, nel “non rilevare motivi ostativi alla realizzazione del progetto” specifica: “fermo restando che dovrà essere rispettata ogni eventuale prescrizione che sarà fornita dagli enti gestori dei beni interessati”. Ci si chiede quando? A lavori in corso? Vogliamo davvero credere che verranno fatte delle “correzioni in corso?

Quanti sono – a Roma e in Italia – i progetti realizzati nella promessa che venissero realizzate e/o sistemate delle aree verdi attrezzate che poi, però, sono rimaste terra di nessuno?

Ma si, a chi importa? Tanto quello italiano è un popolo di pecoroni che fa un po’ di casino sotto i riflettori e poi dimentica in fretta!

Relazione tra le “scelte progettuali connesse alla realtà territoriale” e le caratteristiche del rischio inondazione (fonte arch. Luciano Belli Laura)

Riguardo al “Fosso di Vallerano”, nell’esprimere parere favorevole con prescrizioni, l’Ufficio Piani e Programmi dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale afferma:

«Si evidenzia comunque la necessità, in sede di progetto esecutivo, di adeguare tutta la documentazione progettuale concernente lo smaltimento delle acque meteoriche ai nuovi valori delle superfici che risulteranno impermeabilizzate. Gli elaborati progettuali relativi agli schemi di smaltimento delle acque meteoriche dovranno inoltre riportare le precise condizioni inerenti le attuali superfici oggetto di intervento, in modo da stabilire l’esatto dimensionamento dell’impianto idrovoro nonché di tutti i vari sistemi di compenso. In particolare si dovrà sviluppare nel dettaglio quanto necessario per definire le migliori condizioni di funzionamento dell’accoppiamento impianto di sollevamento – vasca di compenso, ciò in relazione all’idrogramma pluviometrico […]».

Se ne desume che i nostri buoni politici amino predicare bene e razzolare malissimo!

Essi, infatti, pur amando mostrarsi nell’espressione del proprio dolore e sdegno in occasione di qualche alluvione, allo spegnimento dei riflettori – a seconda dei promotori di un’iniziativa – sono disposti a far ignorare le imposizioni di legge in materia di distanza dai corsi d’acqua (Legge Galasso), ritenendo possibile la realizzazione di interventi come quello in oggetto, purché vengano prese delle misure palliative che prevedano l’impiego di “idrovore e sistemi di compenso”.

… Viva la sostenibilità ambientale!

Quanto agli Aspetti Paesaggistici invece, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT) Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma, esprimendo Parere favorevole con prescrizioni ai sensi art. 19 D.Lgs 152/06, e dell’art. 16 L.1150/42 e art. 146, co.5 del D.Lgs 42/04, specifica:

«si richiede che la struttura ricostruita (campata delle tribune dell’Ippodromo n.d.r.) sia ricollocata non lontana dalla sua originaria posizione in maniera da definirsi nel contesto una sorta di palinsesto capace di far armoniosamente convivere il ricordo della sistemazione dell’Ippodromo, le sistemazioni contemporanee e le libere aree con i segni delle permanenze dell’agro romano, e ne sia garantita la piena rifunzionalizzazione a servizio di uno dei tre campi previsti a nord del nuovo Stadio».

Quindi, nonostante l’evidenza degli aspetti paesaggistici, l’unico aspetto su cui esprimersi per il MIBACT riguarda l’assurdo “spostamento delle tribune dell’ippodromo” … una vergogna inammissibile, lontana anni luce dalla normativa e dagli orientamenti internazionali in materia di Beni Culturali.

A tal proposito tengo a sottolineare che, sebbene ritenga la cosiddetta “falsificazione della storia” un falso problema[3], nel caso in oggetto ritengo la situazione ben diversa:

1) perché la ricostruzione parziale non è strutturalmente coerente con criterio progettuale di Lafuente, come meglio spiegato in un precedente articolo di questo blog[4];

2) perché la ricostruzione di un pezzo di tribuna, decontestualizzato e fine a se stesso, risulterebbe un patetico feticcio, ipocritamente realizzato per fingere di essere stati rispettosi del monumento.

Anche in merito agli Aspetti Archeologici – che il MIBACT approva con prescrizioni – sembrano esserci non pochi problemi. Il MIBACT infatti richiede che:

«sia rivisto in forma concorde con questo Ufficio il CRONOPROGRAMMA che configura tempi troppo stretti in relazione ai volumi di scavo ed il progetto sia integrato con la declinazione delle figure professionali incaricate della documentazione dello scavo, studio e restauro dei materiali»

Aggiungendo:

«Come già ripetutamente indicato nelle sedute precedenti della C.d.S. e formalizzato nella nota 3050 del 15-02-2011, contenente il parere finale consegnato al Rappresentante dello Stato, si fa presente che il documento “Schema Atto Obbligo” n. 0901, l’art. 21 non è redatto secondo la normativa vigente in materia di tutela del Patrimonio Culturale (art. 28 del D.Lgs 42/04, c. 4; art. 25-26 del D.Lgs. 42/04): pertanto se ne richiede la rettifica con riferimento alla normativa».

Viene dunque legittimo chiedersi: cosa nasconde questa reiterata mancata regolarizzazione di un documento obbligatorio del genere lamentata dal MIBACT? E perché il MIBACT consente di andare avanti, pur in assenza di un regolare documento? Chi garantisce che, a cantiere avviato, le cose non cambieranno?

Certo che in un Paese “burocratizzato” come il nostro, dove progettisti e/o proponenti di piccole pratiche edilizie risultano praticamente vessati da parte degli uffici tecnici, questa situazione appare alquanto strana!

Riguardo alle voci relative allo Stadio e suoi diversi compartimenti, la Tabella ci informa che, sebbene il Ministero dell’Interno – Gabinetto del Ministro (Dipartimento Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile – Polo Prevenzione Incendi Centrale) possa aver rilasciato Parere di Confrormità Antincendio per tutto … si ravvisano delle situazioni su cui occorrerebbe fare qualche riflessione.

Sull’autorimessa del Comparto A1 – Stadio, sono state concesse una serie di deroghe riguardo alle misure di sicurezza mentre, riguardo alla cucina del Comparto A1 – Centro Sportivo Nuova Trigoria si legge:

«poiché per il locale cucina non si prevede alcuna compartimentazione con il resto dell’attività al suo interno, si ricorra all’utilizzo di apparecchiature ad alimentazione esclusivamente elettrica».

… Ebbene, in un Paese dove l’elettricità ha dei costi spropositati, dove le cucine – specie come quelle in oggetto – dovrebbero avere determinate caratteristiche, questo non sarebbe possibile, ma in questo caso, essendoci di mezzo un “grande progettista”, un “interesse pubblico” e un promotore che non può attendere, il progetto si approva e, certamente, qualcuno ce lo descriverà come “sostenibile”. Da noi, infatti, piuttosto che contenere i consumi, si accettano progetti energivori che li incentivano … ma in maniera “sostenibile” mediante l’impiego di fonti alternative.

La Tabella ci informa di altre deroghe, “rilasciate” o da “concedere”, relativamente alle “Torri 1, 2 e 3” … ma di quali Torri parliamo??? Ma non erano scomparse e sostituite dagli edifici a corte? Perché vengono ancora menzionate nel documento dell’ultima CdS?

Una particolare annotazione va fatta su un qualcosa sulla quale, si suppone, non bisognerebbe transigere. Dalla lettura della Tabelle, infatti, si evince che, tra le deroghe concesse dal Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza, ci sono anche quelle che riguardano la sicurezza dello stadio!!!

«…. la Commissione ha confermato il parere preventivo favorevole al progetto ed alla concessione della deroga di cui all’art. 7 del D.M. 18.3.1996 e ss.mm.ii., ai sensi dell’art. 22 dello stesso D.M., nonché all’attuazione delle aree di sicurezza e varchi di cui all’art. 8 bis, a condizione che vengano rispettate tutte le prescrizloni dettate dagli Organi e dai Componenti della Commissione Tecnica Provinciale di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo, già riportate nei verbali del 21 febbraio e del 27 luglio 2017 e nelle note di riferimento allegate. La Commissione ha ribadito che il progetto, nella fase esecutiva, potrà comportare, a seguito di contestuali valutazioni, la necessità di ulteriori adeguamenti tecnici, al fine di assicurare idonee condizioni per garantire l’ordine, la sicurezza e l’incolumità pubblica, anche alla luce delle modifiche progettuale proposte».

A tal proposito si ricorda che l’art. 22 “Deroghe” del D.M. 18.3.1996, recita:

«Qualora in ragione di particolari situazioni non fosse possibile adottare qualcuna delle prescrizioni stabilite dai precedenti articoli, ad esclusione degli articoli nn. 4, 8, 9, 15, 16, e 17 afferenti alla sicurezza antincendio per i quali si applicano le procedure di cui all’art. 21 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n° 577, la Prefettura competente per territorio, sentita la Commissione Provinciale di Vigilanza, a cui deve essere chiamato a far parte un delegato tecnico del C.O.N.I., ha facoltà di concedere specifiche deroghe nei casi in cui, attraverso l’adozione di misure alternative, venga assicurato agli impianti un grado di sicurezza equivalente a quello risultante dall’applicazione integrale delle presenti disposizioni».

È chiaro che, nononstante i nomi altisonanti (o forse proprio per questo), come nel menzionato caso delle cucine e autorimesse, ci troviamo davanti ad un progetto che, pur sorgendo ex-nihilo, non risponde alla normativa in oggetto … questa mancata rispondenza, però, diversamente da quanto previsto dall’art. 22, ovvero per “particolari situazioni per le quali non sia possibile adottare le prescrizioni stabilite”, risulta dovuta semplicemente al fatto che il progetto autoreferenziale dell’archistar, in quanto tale, risulta esser fatto nella totale ignoranza e disinteresse per le leggi e dei parametri previsti dalla nostra normativa!

Retoricamente, è nuovamente legittimo chiedersi perché mai, un comune progettista italiano debba essere vessato con inutili “corsi formativi permanenti” per cose che è tenuto a conoscere a priori, mentre una archistar (presunta tale) forestiera possa permettersi di ostentare la propria ignoranza – perfino in materia di sicurezza??

La ragione di certi atteggiamenti risiede nella certezza che, nella colonia Italia, alle archistars tutto è concesso, perché da noi la legge “non è uguale per tutti” … già lo sapevamo dal rifiuto di installare una croce sulla chiesa di Richard Meier e/o dall’eliminazione intenzionale di un angolo della Birreria Peroni ad opera di Odile Decq, in risposta all’obbligo, da parte della Soprintendenza, di mantenere integre le facciate!

Andando avanti nella lettura dei pareri “favorevoli condizionati”, ed a conferma di quanto appena detto, si evidenziano una serie di gravi problematiche relative alle “Aree Esterne ed Accessibilità” segnalate in fase di approvazione da parte della Commissione Impianti Sportivi del CONI:

«- le modalità di valutazione e calcolo con le quali è stato previsto l’arrivo del 50% degli spettatori con trasporti pubblici non sono evidenziate; tale calcolo delle aree a  parcheggio presuppone comunque la contemporanea realizzazione delle opere infrastrutturali di collegamento su gomma e su ferro ipotizzate nel progetto;

– nel permesso di costruire dello stadio non è prevista la realizzazione di tutte le aree a parcheggio necessarie al corretto funzionamento dell’impianto;

non sono dettagliate le modalità di controllo e quelle relative alla sicurezza per l’anello veicolare interrato “ring road” che prevede l’utilizzo da parte di diverse categorie di utenti ed elevata mobilità veicolare; è necessario verificare la rispondenza normativa anche per le altezze della ring road, per gli aspetti inerenti l’accesso ed il transito dei mezzi di soccorso, nonché la rispondenza a tutti i criteri normativi vigenti. Tali aspetti, tra gli altri, dovranno essere oggetto di parere favorevole da parte delle Autorità competenti;

le aree riservate per il pubblico locale non sono previste secondo quanto richiesto dal D.M. 18/03/96 e s.m.i.;

 – l’area a servizio dell’impianto per il settore ospiti non è conforme al D.M. 18/03/96 e s.m.i. in quanto, tra l’altro, la stessa non è in piano e contiene parcheggi;

la capienza dei singoli settori spettatori (escluso quello ospiti) risulta superiore a 10.000 posti (limite posto dal D.M. 18/03/96 e s.m.i».

Così come per le “Tribune, Spazi e Servizi di Supporto per gli Spettatori” dove

«- come sopra indicato la capienza dei singoli settori (escluso quello ospiti) risulta superiore a 10.000 posti (limite posto dal D.M. 18/03/96 e s.m.i.);

sono presenti, negli smistamenti sulle tribune, alcuni passaggi inferiori a ml 1,20;

[…] Osservazioni che sono state formulate dalia FIGC, a cui non sono state date risposte adeguate, o che comunque richiedono ulteriori e più puntuali precisazioni della nota F.l.G.C.:

La Commissione conferma di rimanere in attesa di indicazioni in merito, come da richiesta della F.I.G.C. […] La Commissione conferma la raccomandazione dell’ottemperanza del progetto alle vigenti Norme UEFA».

L’elenco delle assurdità su questo progetto e sul fatto che, nonostante l’evidenza delle carenze e dei dubbi, stia continuando il suo iter approvativo è lunghissimo e rischierebbe di rendere questo testo troppo esteso per esser letto fino alla fine, per cui mi limiterò ad aggiungere solo un’ultima annotazione relativa a quello che emerge dal parere del Ministero Infrastrutture e Trasporti – Dipartimento per le Infrastrutture i Sistemi Informativi e Statistici relativamente all’Intero Progetto.

La cosa, a mio avviso molto grave, è che, piuttosto che indicare delle prescrizioni obbligatorie, il Ministero di sia limitato a dare delle “raccomandazioni”, specificando:

«Le raccomandazioni riportate non sono relative a vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale, ma sono rappresentate per la migliore tutela dell’interesse pubblico.

Nota prot. 10747 del 21/11/2017 della Direzione Generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza delle infrastrutture stradali: questa Direzione ……. esprime il proprio assenso alla realizzazione dell’intervento, con le seguenti raccomandazioni finalizzate ad agevolare e migliorare, attraverso la separazione, i flussi di traffico generati dallo stadio che interessano l’A90 (GRA):

  • Realizzazione di una rampa che dalla Via Ostiense si immete sulla nuova viabilità Via del Mare -Ostiense, per i veicoli provenienti da Ostia direzione Roma, in modo da facilitare il flusso proveniente dal GRA in carreggiata interna e diretto a Roma.
  • Realizzazione, in carreggiata interna dell’A90 del prolungamento con la separazione fisica di 300 metri della corsia di decelerazione dello svincolo Via del Mare-Ostiense, in modo da anticipare la selezione del flusso in uscita da quello dell’asse principale. Tale intervento sarà assicurato nell’ambito delle risorse di cui al Contratto di Programma Mit-Anas Spa anche a valere sulle risorse di cui al successivo periodo.

Si rappresenta, altresì, che questa Direzione, in via cautelativa, come comunicato con nota n. 529 del 24 gennaio 2017, manterrà le risorse economiche già stanziate sul Contratto di programma Mit-Anas Spa, che potranno essere utilizzate, anche, per la reralizzazione del tronco autostradale, di circa 700/800 metri e del nuovo svincolo “Parco de’ Medici”, qualora in fase di esercizio della Stadio (Business Park) si dovesse presentare una maggiore esigenza di mobilità nell’area rispetto alle previsioni progettuali».

Impossibile non rendersi conto della gravità di un testo del genere!

È infatti chiaro a tutti che, dicendo: “mi limito a darti un suggerimento”, il Ministero si vedrà rispondere: “grazie per il suggerimento ma, visto che non è un obbligo e che prevede dei costi, ne faccio a meno!

Inoltre il testo del Ministero denota la chiara consapevolezza del fatto che “in fase di esercizio si presenteranno maggiori esigenze di mobilità” tuttavia, per il momento, sembra preferirsi la scelta dello struzzo di infilare la testa nella sabbia  e dire: “vediamo se funziona e poi, se è il caso, vi adeguerete!

A questo proposito chiederei ai responsabili del Ministero Infrastrutture e Trasporti autori di questa formula degna di Ponzio Pilato:

  • chi risulterà responsabile in caso di incidenti mortali causati dal volume di traffico?
  • Davvero credete che dei semplici svincoli – sebbene opportunamente dimensionati – possano risolvere il problema dell’immissione dell’immane volume di traffico dei fruitori dello Stadio e del Business Park su delle strade come la via del Mare, da considerarsi poco più di una mulattiera?

Come ho detto, sono ancora tantissimi gli interrogativi che emergono dai contenuti della Determinazione della Regione Lazio ma, per ragioni di lunghezza del testo, per il momento mi limito a queste prime riflessioni che, spero, possano aiutare a rivedere molte cose.

[1]  http://www.regione.lazio.it/rl_main/?vw=newsDettaglio&id=4268#.Wk1ITN0jr1g.email

[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/04/evitare-di-morire-di-malaurbanistica-si-puo-fermiamo-lo-stadio-a-tor-di-valle/

http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/12/08/lo-stadio-a-tor-di-valle-si-fa-e-quasi-tutti-vissero-infelici-e-scontenti/

[3] http://www.cnba.it/periodici/falso-storico-tutto-falso/

[4] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/12/12/equilibrismi-e-feticci-della-roma-di-oggi/

8 pensieri su “Stadio a Tor di Valle – tutti (o quasi) gli abomini della Determinazione della Regione Lazio

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