Prima di gioire del progetto dei Labics per i Fori Imperiali, riflettete!

Qualche giorno fa, nel suo tipico stile propagandistico, Artibune ha annunciato[1]: «Gli architetti di Labics trasformano i percorsi pedonali dei Fori Imperiali a RomaLo studio di architettura romano è capofila del team multidisciplinare che si aggiudica la vittoria del concorso internazionale bandito per la risistemazione e la valorizzazione dell’area archeologica di Roma unita dall’asse dei Fori Imperiali. Un progetto all’insegna di sostenibilità, reversibilità e convivialità».

Nell’articolo si legge: «A valutarli, una giuria d’eccellenza presieduta dall’architetto portoghese Joao Luis Carrillho de Graca (“progettare oggi il rapporto con le antichità è un’opportunità unica. I lavori presentati erano tutti molto buoni, non è stato facile scegliere. Il lavoro che ha vinto è straordinario perché introduce opportunità ecologiche e di relazione con la città che rivelano la forza delle rovine imperiali in un contesto molto contemporaneo”), con Cristiano Rosponi, Alessandra Rampazzo, Adriano La Regina ed Eleonora Pallottino». 

Senza voler entrare nel merito degli slogan “greenwashing[2]” sulle “opportunità ecologiche” – tutte da dimostrare – ritengo che, prima di decidere la commissione, sarebbe stato utile conoscere il pensiero e i progetti del presidente della commissione giudicatrice[3], per poter capire se il suo giudizio sarebbe stato utile in un’occasione del genere … in realtà, considerato l’orientamento generalizzato degli ordini professionali e delle facoltà di architettura, teso a promuovere l’assurdo e la mancanza di rispetto, in nome del principio della “Volpe e l’Uva”, piuttosto che il giusto rapporto con il contesto e le tradizioni locali, sarebbe stato ancora più utile chiedere alla gente comune di giudicare il concorso.

L’articolo quindi spiega: «[…] ad aggiudicarsi i 135mila euro stanziati per il progetto vincitore, oltre alla possibilità di realizzare concretamente il progetto in questione (dopo le necessarie verifiche amministrative e la stesura del documento di fattibilità tecnico-economica: si stima un costo di 18.800.000,00 di euro, al netto Iva) è lo studio Labics, […] da sempre propulsore di un’architettura sostenibile e rispettosa dell’ambiente. […] Ai Fori Imperiali si misurerà per la prima volta con una dimensione urbana dalle complesse ricadute archeologiche, architettoniche e paesaggistiche, però portando i propri segni distintivi nella lettura del contesto come palinsesto, oltre che – secondo quanto sembra emergere dai primi render – con interventi misurati e calibrati (dalle passerelle alle terrazze/gradinate in legno), che però rivendicano di appartenere alla nostra epoca, non cercando in alcun modo la mimesi».

… E già, mai sia la mimesi, hai visto mai che ci si debba rimettere sui libri e studiare le cose che non si conoscono e che ci hanno insegnato ad ignorare, in nome dello “zeitgeist” e della condanna dei “falsificatori della storia”? …

In un’epoca ignorante, i cui tempi sono battuti da quelli dell’usa-e-getta, risulta molto più facile fare un qualcosa di sgrammaticato e decontestualizzato, piuttosto che fare uno sforzo progettuale per potersi armonizzare nel contesto.

E poi, diciamolo pure, in un’epoca nella quale i concorsi – quando non sono gli assurdi appalti integrati banditi per imprese piuttosto che per architetti – vedono giudici e partecipanti alternarsi nei ruoli di giudicanti e giudicati, risulterebbe gravissimo mostrare alla gente la possibilità di fare qualcosa di rispettoso, perché obbligherebbe tutta la categoria a rimettersi a studiare per poter lavorare.

Andando avanti l’articolo di Artibune, elencando gli altri progettisti e/o consulenti coinvolti in questo progetto (Orizzontale, Open Fabric, studio di ingegneria Buromilan, Go Mobility. Arch. Alessandro Viscogliosi, Mario Nanni per la luce, Ludovico Pratesi per l’approccio alla curatela artistica. Ndr) riporta le dichiarazioni dell’arch. Isidori:

«Si tratta, dunque, di un lavoro corale, di un progetto che si compone di tanti tasselli, seguendo però il fil rouge del racconto e della comprensione dei luoghi. Vogliamo aiutare la comprensione di un palinsesto che ha visto sovrapporsi diverse tracce, e per questo abbiamo cercato di tenere insieme tutti questi segni storici, al contempo con l’idea di restituire il luogo alla città. I Fori Imperiali dovranno tornare a essere un luogo accogliente, con aree ombrose, spazi dove poter sostare».

Sarebbe davvero bello riuscire a comprendere, al di là degli slogan demagogici, dove e come sarebbe possibile, in un progetto del genere, riscontrare il reale “racconto e la comprensione dei luoghi” … se non fosse, fin troppo chiaro il senso di una frase del genere, spiattellata lì in nome della “tecnica del claim[4]”.

Infatti, semplicemente guardando i renderings dei Labics, chiunque, libero da preconcetti, potrebbe accorgersi della distanza tra questo progetto e l’idea di “rispetto” e “comprensione dei luoghi” sbandierata dai progettisti. Semmai si tratta dell’ennesimo progetto autocelebrativo e ripetitivo, ergo che se ne frega del contesto, andando stravolgere, con forme e materiali alieni, il luogo simbolo dell’antica Roma, inserendo delle strutture “per ogni dove che, infatti, sono le stesse già proposte dai Labics, per esempio per il Palazzo dei Diamanti di Ferrara, dimostrando una carenza di idee e una ripetitività imbarazzanti.

Rendering che mostra la squallida e decontestualizzata tettoia proposta da Labics per l’Info Point dei Fori Imperiali, una struttura clonata dal contestatissimo progetto per il Palazzo dei Diamanti di Ferrara (Foto presa dal sito Artibune.com)
Rendering dell’irrispettoso progetto dei Labics per il Palazzo dei Diamanti di Ferrara (Foto presa dal sito Artibune.com)

Riguardo al progetto per il Palazzo dei Diamanti di Ferrara, che ebbi modo di criticare a suo tempo[5], Vittorio Sgarbi – per il quale non nutro alcuna simpatia né particolare stima, dati i suoi modi volgari e violenti che sembrano più votati a promuovere la propria immagine che a difendere determinate situazioni – ebbe correttamente a definire: «Questa cosa, una piccola grammatica da asilo, è intollerabile […] questa grammatica, così schematica, è una violenza all’immagine che vedo entrando»

Volendo essere ancora più critici quella “grammatica da asilo”, riproposta da Labics per i Fori Imperiali di Roma, per i sostenitori dello spirito del tempo e della sperimentazione continua – come peraltro si considerano i due progettisti – non costituisce nemmeno “una novità”, visto che la sua patetica astrattezza risulta sinistramente somigliante all’immane abominio proposto da Arata Isozaki per gli Uffizi di Firenze – anch’esso rigorosamente scaturito da un concorso – che, ciclicamente, alcuni archi-nihilisti ritirano fuori nella speranza di sfregiare Firenze[6].

Rendering dell’assurda “copertura-per-pompa-di-benzina” proposta da Isozaki come ingresso agli Uffizi di Firenze (Foto presa dal sito “Il Giornale dell’Arte.com”)

Nonostante l’evidenza dei fatti, in questo clima propagandistico che mira a sfregiare i luoghi simbolo della cultura e della storia d’Italia, facendo eco all’articolo di Artribune, il sito “VulnerarTe Magazine” ha pubblicato l’articolo – a firma di Roberta Melasecca – intitolato Il futuro di Roma sotto il segno di Labics[7] un articolo che, tristemente, si apre con una frase figlia della “Sindrome di Stoccolma”: «Sgominato Sgarbi e lo Sgarbi di turno, i Labics ci riprovano e vincono» … una sindrome – direttamente collegata a quella della “Volpe e l’Uva” – che affligge tanti architetti lobotomizzati nelle Facoltà di Architettura, fino a portarli a considerare come eroi i propri carnefici e come nemici i loro detrattori.

Ferma restando infatti la mia posizione su Sgarbi e il mio sdegno per le sue recenti vicissitudini, mi chiedo come si possa gioire del fatto che i Labics abbiano vinto grazie all’assenza di Sgarbi e dello Sgarbi di turno

Per chi non conoscesse il pensiero e l’opera dei Labics, questo breve video potrebbe risultare molto “educativo”, al fine di comprendere se ci troviamo davanti a personaggi che possano o meno essere ammessi ad operare sull’esistente e, soprattutto, sui monumenti simboli identitari della nostra storia, piuttosto che in luoghi periferici, dove i danni ideologici del loro modo di operare risulterebbero circoscritti.

Nella breve autointervista propagandistica della propria filosofia progettuale infatti, i due progettisti dichiarano:

Francesco Isidori –«Per tornare al termine dello “stile” cerchiamo di fare un’architettura “astratta” proprio perché crediamo che, attraverso l’organizzazione degli spazi e delle relazioni che l’architettura mette in essere, ci sia il punto di maggiore interesse della nostra ricerca.

Non è tanto importante la qualità materica di una facciata, o l’aspetto dell’immagine attraverso cui l’architettura si concretizza, ma ci interessa molto di più come l’architettura funziona, come è in grado di costruire la relazione tra spazi e quindi promuovere anche le relazioni tra le persone che usano questi spazi nel modo ottimale e, soprattutto, con il contesto in cui l’architettura di inserisce.

Dunque cerchiamo di far sì che l’architettura riesca in qualche modo a stabilire un dialogo “forte” con il contesto dove va in qualche modo ad insistere, proprio questa idea di una continuità tra il nuovo e quello che già c’è».

Maria Claudia Clemente –  «infatti i nostri progetti apparentemente sono molto diversi tra loro … apparentemente … ma, a uno sguardo più attento, i contenuti e la ricerca persegue sempre gli stessi temi e gli stessi principi che applichiamo e sperimentiamo su scale e modalità diverse».

In pratica ci troviamo davanti ad un’autocelebrazione della ripetitività e della necessità di mettersi in contrasto con l’esistente che, piuttosto di essere chiamata “negazione del rapporto con l’esistente”, viene raccontata come “ricerca della relazione con il contesto.

Tornando quindi al progetto per i Fori Imperiali, la sua descrizione e le immagini fornite, ci raccontano che, oltre alla pessima pensilina di cui si è detto, per la modica cifra di 18.800.000 al netto di IVA, l’area archeologica centrale della Capitale verrà pavimentata con un assito in legno – probabilmente adatto per il pontile di un porto turistico – a breve destinato a costose quanto inutili spese milionarie di manutenzione … prima di dover essere rimpiazzato perché inadatto al luogo e all’uso … sebbene la propaganda attuale ci presenti questa stupidaggine come un’opportunità ecologica e un qualcosa di sostenibile.

Nuova Passeggiata, stile porto turistico, dei Fori Imperiali, render del progetto di Labics (Foto presa dal sito Artibune.com)
Sistemazione generale della passeggiata proposta da Labics, la cui geometria sembra voler negare quella dei Fori Imperiali, confermando il tracciato della Via dell’Impero, oggi conosciuta come dia dei Fori Imperiali (Foto presa dal sito Artibune.com)

In pratica si tratta di una progettazione che nulla ha a che fare con le geometrie e gli spazi originari né, come si è detto, con i materiali, le tecniche e le cromie locali e, conseguentemente, con l’economia locale … in pratica ci troviamo davanti all’ennesima opera insulsa e irrispettosa della quale Roma potrebbe decisamente fare a meno.

Eppure, nell’articolo di “VulnerarTe Magazine” si afferma che il progetto «soprattutto è finalmente un tentativo di riparare la ferita inflitta alla Città Eterna dagli sventramenti e demolizioni degli anni ’30 che determinarono la scomparsa di palazzi, giardini storici, chiese medievali, rinascimentali e barocche e che rendono oggi via dei Fori Imperiali una sorta di non-luogo, uno spazio di transizione e di passaggio in cui i Fori sottostanti perdono la loro forza insita di rappresentazione di una città che non sempre riusciamo a comprendere e a vivere. E quindi non possiamo che esultare di fronte al progetto di Labics, di cui ben conosciamo la storia e la qualità del lavoro, e non possiamo che rendere plauso all’amministrazione capitolina per aver scelto lo strumento del concorso di progettazione ad una fase (e non del concorso di idee) per intervenire su uno dei luoghi più difficili di Roma, attualmente interessato anche dai recenti cantieri per la realizzazione della Metro C».

Stendendo un pietosissimo velo sull’elogio della storia e qualità del lavoro dei progettisti, sarebbe stato più utile riconoscere che, sebbene risulti indubbio che gli sventramenti del ventennio portarono alla perdita di un immane patrimonio storico architettonico, è altrettanto vero che questo progetto non solo non migliora quella situazione, ma addirittura la peggiora in termini estetici e, come accennato, in termini economici dati i costi – di realizzazione e, soprattutto, di manutenzione –  che questa orribile proposta comporterà.

Prima infatti di gioire per un’opera del genere, occorre riflettere a fondo sulle conseguenze che la stessa potrà portare, sicché non è chiedendo, come fa l’autrice dell’articolo, che «il concorso abbia un corretto proseguimento, scevro da appalti al ribasso, che determinerebbero la scelta di materiali di scarsa qualità e imprese non avvezze ad operare con le stratificazioni romane», né tantomeno chiedendo «che il progetto esecutivo e la direzione dei lavori siano sempre di pertinenza di Labics e non di altri professionisti guidati dalla politica locale che non potranno fare altro che stravolgere il progetto e abbassare la qualità dell’architettura trasformandola in edilizia», perché ci troviamo già nell’ambito della becera edilizia con la “e” minuscola, piuttosto che dell’Architettura con la “A” maiuscola, così come ci troviamo davanti ad un progetto edilizio che, per ragioni ideologiche di “non mimetismo, dichiarate dagli stessi progettisti, non mostra alcuna intenzione di voler utilizzare materiali qualitativi e durevoli come il mattone, il marmo, il travertino e le malte tradizionali.

Nessuno, credo, può essere contrario ad un intervento migliorativo dell’area centrale di Roma, tuttavia ritengo che, se si vogliono davvero mettere le mani su quell’area, occorra saper progettare nel rispetto delle preesistenze, del linguaggio, delle forme, dei materiali e delle tecniche costruttive, altrimenti è meglio evitare di sfregiare Roma sperperando denaro pubblico.


[1] https://www.artribune.com/progettazione/architettura/2024/04/nuova-passeggiata-fori-imperiali-roma-studio-labics/

[2] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2024/03/20/lalternativa-realmente-sostenibile-al-greenwashing-esiste-ma-non-lo-sappiamo/

[3] https://www.google.it/search?sca_esv=e15c1d565c5f7f73&sxsrf=ACQVn08lIkpRYKe1V-MUYf76B776OC-rFQ:1712478477768&q=Joao+Luis+Carrilho+de+Graca&uds=AMwkrPvmvCopE3yP0qCoXQTLm5SCVCKl1T2Xm0BrG4toUS6_wDX-t7QJW5RWT4iw6vQ4UoP7tTcncejBGN92_-GlKiIjvV9ntKBwK-S-RtWft66CNdLNF-efw_2Godnj6bty0_fsnP9wVW1g2ES-ccBAUf6Z5XvHyXA07vqV5fO5-GUwBVB_Eq1wSg4B_5mhFTepTN71a9WeSYs_D31SVdaBvCsRT64SBNWriwJ4HvI8msv9Gl0siiYu_CJhp4ZRK4e1Yfntudve&udm=2&prmd=ivnbz&sa=X&ved=2ahUKEwjE-ui616-FAxUk-gIHHZqZAoAQtKgLegQIDhAB&biw=1536&bih=799&dpr=1.25

[4] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2023/09/21/quando-la-necessita-di-verde-pubblico-ci-obnubila-il-cervello/

[5] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2019/01/10/concorsi-di-architettura-e-lamentele-forse-bisognerebbe-porsi-delle-domande/

[6] https://regola.blogspot.com/2013/05/arata-isozaki.html

[7] https://www.vulnerartemagazine.com/2024/04/04/il-futuro-di-roma-sotto-il-segno-di-labics/

3 pensieri su “Prima di gioire del progetto dei Labics per i Fori Imperiali, riflettete!

  1. Per vendere la merce è necessario far girare le “emozioni” (e molti molti soldi altrimenti detti capitali, meglio se pubblici con ritorno privato e perdite sociali).

    1. Caro Memmo,
      Quando leggerai quello che pubblicherò oggi dovrai prendere un calmante … è follia (ignorantissima) pura!

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