Costruire il Bello e stimolare il senso di appartenenza è possibile

1° esempio: Ciudad Cayalà (Guatemala)

Nel creare questo blog, volendo dargli un nome che suggerisse i suoi contenuti, decisi di usare la frase misteriosa del celebre “Ritratto di Ginevra Benci” – noto anche come “La Dama Liechtenstein” – di Leonardo: VIRTUTEM FORMA DECORAT, “La bellezza adorna la virtù”.

Nonostante le buone intenzioni, piuttosto che celebrare la bellezza dell’architettura e dell’urbanistica, nella stragrande maggioranza dei casi, mi sono ritrovato a denunciare il brutto e la distruzione della vita sociale dei giorni nostri.

Eppure, benché in Italia non se ne parli, al di fuori dei nostri confini esistono dei casi di urbanistica e di architettura contemporanea di altissimo livello, che mostrano come l’urbanistica possa tornare a dedicarsi al “disegno della città”, piuttosto che limitarsi alla consueta fredda e squallida pianificazione di funzioni, nell’interesse del mercato fondiario.

L’urbanistica dovrebbe infatti curarsi della corretta “modellazione e collegamento dei vuoti”, sì da riuscire ad invogliare la gente a passeggiare e socializzare. Una urbanistica degna di tale definizione, dovrebbe mirare a stimolare il senso di appartenenza della gente al proprio territorio, il che si traduce nella necessità di stabilire un intimo legame, tra urbanistica e architettura, votato al massimo rispetto delle tradizioni locali.

Questo non significa affatto doversi “rifare al passato” in maniera acritica, ma semplicemente doversi approcciare alla pianificazione in maniera rispettosa dei luoghi, della storia e della gente, vale a dire riferirsi al modo di progettare antecedente l’azzeramento della storia imposto dai funzionalisti … la cui visione ideologica condusse a pianificare l’unica forma di città disfunzionale della storia, tanto da venir definita oggi “distopica”.

Nel corso degli ultimi trent’anni, parlando con tanta gente in giro per il mondo, mi sono reso conto di quanto negativo sia il pensiero generalizzato sull’architettura e sull’urbanistica di oggi. Soprattutto mi sono reso conto di quanto timore possa esserci ad esprimerlo, specie tra gli architetti, per paura di esser considerati anacronistici, passatisti, tradizionalisti e, perfino fascisti, da parte di un establishment che ha deciso, in nome della speculazione, dell’industria edilizia e dell’appiattimento culturale, quale debba essere il modo di concepire l’arte, l’architettura e l’urbanistica … distruggendo le radici culturali dei popoli.

Questo mio cruccio mi ha condotto, in questi ultimi quasi 30 anni, a cercare di far conoscere i tanti esempi virtuosi di urbanistica e architettura in giro per il mondo … esempi dei quali le riviste patinate e le televisioni, al soldo dell’industria, ben si guardano dal far conoscere.

Recentemente ho anche proposto – purtroppo senza successo – alla RAI di realizzare uno, o addirittura una serie di documentari, atti a presentare al grande pubblico l’enorme produzione estera di architettura e urbanistica rispettose delle tradizioni locali, ergo votate alla creazione del senso di appartenenza dei residenti, piuttosto che alla loro spersonalizzazione e sradicamento delle proprie radici culturali.

Bisognerebbe far conoscere come, dall’altro lato dell’Atlantico – accanto alle peggiori realtà suburbane volute dalle case automobilistiche nel secondo dopoguerra – siano stati realizzati anche degli straordinari esempi di città di nuova fondazione. Questo sorprendente fenomeno pluralista lo si deve probabilmente alla distanza culturale rispetto all’Europa, specie all’Italia, dove l’ideologia applicata all’insegnamento ha provocato un vero e proprio lavaggio del cervello.

Tuttavia le mosche bianche, per quanto quasi del tutto ignote, esistono anche in Europa, dove si registrano esempi notevolissimi di realtà urbane rispettose dei luoghi e della gente: dal Regno Unito alla Francia[1], dalla Spagna al Portogallo, dalla Germania all’Olanda, dalla Russia[2] all’Armenia[3], alla Grecia e perfino all’Italia, è possibile testimoniare di edifici, quartieri e città degne di potersi definire tali.

Se solo ci fossero meno ostacoli e pregiudizi culturali, ma soprattutto meno ipocrisia tra coloro i quali raccontano in TV di architettura, urbanistica, sostenibilità e rigenerazione urbana, oggi tutti potrebbero sapere che un’alternativa all’architettura e urbanistica spersonalizzanti criminogene esiste, soprattutto, tutti potrebbero accorgersi di come il 99,9% di quella che ci viene presentata come “sostenibilità”, “rigenerazione urbana” e “resilienza” da una pletora di guru dello star system dell’architettura è un’immensa menzogna, mentre delle alternative, realmente rispondenti a quelle definizioni, esistono eccome. Dovremmo quindi riflettere sul fatto che, si fossero state rese note prima dell’arrivo del recovery fund, piuttosto che assistere al vergognoso odierno banchetto del “super bonus”, “eco bonus“ e “sisma bonus”, potremmo trovarci a vivere un “nuovo rinascimento urbano”, votato alla sostituzione dell’immane periferia degradata italiana, con quartieri degni di esser considerati tali.

Il tempo stringe e, visto che la TV non ha ad oggi consentito la divulgazione del pensiero alternativo a quello dell’establishment – che non è solo un pensiero, perché si tratta di effettive testimonianze di realtà urbanistico-architettoniche che il tempo ha dimostrato aver avuto successo – oggi, dalle pagine del mio blog, ho deciso di avviare una rubrica atta a dar notizia di alcuni esempi da conoscere, se non altro a scopo profilattico anti-lavaggio-del-cervello, quando l’ennesimo venditore di fumo vestito da archistar proverà a vendervi l’ennesima menzogna pseudo-sostenibile.

È quindi con grande piacere, sebbene con un grave ritardo dovuto ai tanti impegni che mi hanno impedito di farlo prima, che vado a parlarvi della Ciudad Cayalà in Guatemala, un esempio virtuoso del quale sono particolarmente orgoglioso, perché frutto del lavoro di due giovani architetti, Maria Fernanda Sanchez e Pedro Godoy, laureati presso la University of Notre Dame School of Architecture e oggi titolari dello Estudio Urbano.

Maria Fernanda Sanchez e Pedro Godoy, con la consulenza di Léon Krier e con enorme spirito di abnegazione, hanno creduto in un progetto meraviglioso che sembra ispirato alla frase del principe Myškin ne L’idiota di DostoevskijLa bellezza salverà il mondo[4] … frase già usata in Italia come titolo dello splendido saggio del filosofo bulgaro, Cvetan Todorov.

CIUDAD CAYALÁ

La Ciudad Cayalá è una nuova città, sorta in Guatemala nel più profondo rispetto della tradizione locale che, grazie al successo registrato, risulta in costante crescita. Nel 2002, Estudio Urbano ha proposto Cayalá come una “vibrante estensione umanista” di Città del Guatemala. La visione di Estudio Urbano è risultata estremamente persuasiva, tanto da ottenere presto l’approvazione per la sua realizzazione ai piedi delle colline a est di Città del Guatemala.

Gli architetti Sanchez e Godoy, titolari dello Estudio Urbano, hanno quindi invitato Léon Krier, da sempre ritenuto loro maestro, a unirsi a loro creando una formidabile partnership iniziata con una charrette tenutasi nel 2003.

Il progetto, peraltro pluripremiato, scaturito da questa straordinaria partnership, ha reso Cayalá un ambiente multifunzionale, sostenibile e sicuro, orientato al rispetto del pedone e indirizzato a far rivivere l’identità architettonica unica del Guatemala, che offre uno stile di vita radicalmente diverso da “moderni” interventi di urbanistica estensiva, orientati alla dipendenza dall’auto, che hanno caratterizzato lo sviluppo più recente di Città del Guatemala.

Divisa in diversi quartieri interconnessi – ciascuno composto da più comparti – il progetto si sviluppa su 54 acri (circa 22 ettari); la prima grande fase dell’ambizioso piano regolatore di Cayalá è iniziata nel 2009, con un primo quartiere comprendente i comparti multifunzionali (Fashion & Business) di Paseo Cayalá, Ramblas, Nova, Belesa, Olmos e Lirios.

PASEO CAYALÁ

I piccoli isolati urbani di Paseo Cayalá, caratterizzati da edifici alti da tre a quattro piani disposti lungo una rete pedonale di strade, viali e spazi pubblici accoglienti, sono stati concepiti integralmente al fine di promuovere l’interazione sociale tra residenti e visitatori.

Gli incontri quotidiani tra residenti e turisti, ormai divenuti eventi normali della vita sociale, sono da considerarsi le vere e proprie pietre di fondazione per la costruzione della comunità locale, la cui identità culturale è stata rafforzata attraverso l’impiego di tipologie architettoniche familiari che, nel rispetto della storia, risultano perfettamente adattate alla vita del 21° secolo.

Questo centro urbano, pulsante di vita, che è stato realizzato in fasi diverse iniziate rispettivamente nel 2011, 2012 e 2017, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti per l’Estudio Urbano e il gruppo internazionale di architetti collaboratori.

I nuovi edifici di Paseo Cayalá presentano una notevole varietà di appartamenti a più piani, ad uso misto, ma anche strutture commerciali, parcheggi, centri di intrattenimento, strutture coperte per il mercato, nonché una serie di edifici più grandi destinati a funzioni civiche e religiose. Tutti questi edifici, come amano dire i loro autori e fruitori, risultano “profondamente intrisi del DNA regionale”.

Gli edifici pubblici sono infatti rivestiti con i tipici intonaci e rifiniti con modanature in pietra. I balconi, spesso in legno, presentano invece dei tipici elementi decorativi in ​​ferro, mentre i tetti sono rifiniti con le tradizionali tegole rosse. I deliziosi colonnati che definiscono l’area commerciale – rifacendosi ai tipici portici delle piazze del Nuovo Mondo coloniale spagnolo, come il Parque Central di Antigua in Guatemala – consentono di inquadrare alcune viste spettacolari e traggono vantaggio dal clima, proteggendo altresì gli acquirenti durante la stagione delle piogge.

Dettagli come le finestre ottagonali o i rosoni, le cornici scalettate in ceramica, i cantonali, i coronamenti a sfera, le mensole, le fontane murate, i graticci lignei per le finestre, così come gli smussi angolari, sono magnificamente adattati per definire i prospetti, stabilire il ritmo e l’alternanza lungo le strade e creare trame che ravvivano il paesaggio stradale, migliorando l’esperienza umana.

La coerenza della scala relazionale, del vocabolario architettonico e dei materiali agevola la definizione degli edifici pubblici più elaborati di Paseo Cayalá – la Sala Civica Azaria di Richard Economakis, la Torre del Mercato di Léon Krier e la Chiesa di Santa María Reina de la Familia di Pedro Godoy, María Sánchez ed Estudio Urbano — che, distinguendosi dal resto dell’edificato,  divengono dei significativi punti di riferimento all’interno del Paseo Cayalá, nonché punti di riferimento geografici.

Sebbene progettati separatamente e da diversi architetti, questi edifici risultano magnificamente progettati per convivere armoniosamente all’interno di una comunità: l’edificato, nella sua totalità, si presenta come una grande espressione di unità priva di uniformità … un ottimo auspicio per una società fondata sulla speranza e collaborazione.

L’orgoglio locale e il senso di comunità che trasuda da Paseo Cayalá è il giusto risultato della profonda conoscenza dell’urbanistica tradizionale, unita alla passione degli autori per le forme classiche e il patrimonio architettonico spagnolo e indigeno.

Portici, pergolati, arredo urbano, padiglioni, monumenti e fontane risultano complementari all’architettura e al piano urbanistico, rafforzando la natura incantevole e tranquilla della città, mentre i motivi decorativi riflettono significative tradizioni autoctone.

Ogni dettaglio, all’interno di Paseo, è pensato in armonia con il quadro generale e la visione di Cayalá. A tal proposito è importante sottolineare come l’insistenza e la difesa di Estudio Urbano per l’uso di materiali naturali, la ventilazione e l’illuminazione naturali, oltre che la ridotta dipendenza dall’automobile, hanno ottenuto un impatto positivo e continuo sul benessere dei residenti, sulla durata della vita degli edifici e sulla crescente economia di Cayalá.

A ovest di Paseo Cayalá, Leon Krier e l’Estudio Urbano hanno progettato i quartieri, prevalentemente residenziali, di Ramblas, Nova, Belesa e Olmos, completati tra il 2014 e il 2019. Incantevoli opzioni abitative e parchi urbani compongono questi quartieri, che includono una riserva naturale di 103 acri (circa 42 ettari).

Determinato a fornire uno stile di vita sicuro, piacevole e pedonale, tale da creare felicità e, a sua volta, fornire un contributo positivo alla società, Estudio Urbano ha creato un vero e proprio idillio residenziale.

Come nel quartiere commerciale di Paseo Cayalá, anche i viali, le strade e le piazze di questi quartieri, prevalentemente residenziali, presentano pavimentazioni di ciottoli e lastre di pietra, sì da rafforzare il concetto che l’automobile sia da considerarsi un sistema di mobilità secondario rispetto a quello pedonale.

Gli edifici – case unifamiliari a uno, due o tre piani, case a schiera, condomini e complessi plurifamiliari – si presentano di grande fascino e piacevolmente disposti lungo le strade.

Le pareti, realizzate in blocchi di cemento, sono esternamente rifinite ad intonaco, mentre le strutture portanti risultano costituite da telai in cemento adattati in modo da garantire pareti esterne robuste con profonde aperture nei varchi di porte e finestre. Gli allineamenti verticali in facciata sono coerenti con le tecniche murarie tradizionali guatemalteche, mentre i portici, le logge e i balconi sono usati liberamente per sfruttare il clima e le viste.

Gli spazi verdi e le aree di parcheggio sono condivisi tra i vicini, mentre degli elementi in legno (porte, cancelli e schermi) garantiscono la privacy, fungendo al contempo da riferimenti visivi.

La coerenza di scala e la bellezza di questi quartieri hanno dato – e danno – un fortissimo incentivo allo sviluppo in corso di Cayalá, riportando i residenti a uno stile di vita quasi perduto.

Un impianto urbanistico di matrice tradizionale come questo, infatti, incoraggia le persone a camminare, contrastando drammaticamente con l’uniformità, antisociale senza compromessi, che si ritrova nella stragrande maggioranza degli sviluppi residenziali contemporanei.

Qui, l’uso dei precedenti storici – ben studiati dall’Estudio Urbano – e la comprensione approfondita dei bisogni umani odierni hanno generato un effetto combinato in grado di trasformare radicalmente la vita dei residenti.

LIRIOS

A nord di Paseo Cayalá, il nuovo quartiere di Lirios è stato concepito per rispondere alla crescente domanda di quartieri ad uso misto nella zona. Il processo di progettazione ha generato una nuova tipologia di edificio – il “palacito” – che ha consentito un perfetto compromesso tra la densità urbana richiesta dal cliente e l’intento progettuale di creare delle strade a misura d’uomo.

Al fine di perseguire i suddetti obiettivi, la progettazione urbana e architettonica sono state attentamente coordinate sì da ottenere delle aree interconnesse di parcheggio al di sotto di tutte le strade e gli edifici. Ne è dunque scaturito un quartiere compatto, caratterizzato da “insulae” (o piccole enclavi) – a loro volta sono costituite da “palacitos” di cinque-sette piani – collegate da una fitta rete pedonale di strade e piazze. Lirios ha visto la sua prima enclave di edifici aperta nel 2019, con altre cinque in via di completamento.

NUOVI QUARTIERI (in lavorazione)

Dopo il successo del primo distretto di Cayalá, sono in fase di progettazione i nuovi quartieri di Nogales, El Socorro Bajo ed El Socorro Alto, con l’inizio della costruzione dei primi quartieri entro il 2021.

CREDITS

Master Plan di Ciudad Cayalá e Progettazione Urbana di tutti i suoi quartieri: Léon Krier e Estudio Urbano

Architettura di Paseo Cayalá: Léon Krier, Pedro Pablo Godoy Barrios, María Sánchez, Richard Economakis, Estudio Urbano

Architettura di Ramblas, Nova, Belesa e Olmos de Cayalá: Pedro Pablo Godoy Barrios, María Sánchez, Estudio Urbano.

Architettura di Lirios, Cayalá: Pedro Pablo Godoy Barrios, María Sánchez, Estudio Urbano. Progettazione del paesaggio: Marc Landers

Documenti di costruzione: Grupo Cayalá

Developer: Grupo Cayalá

Appaltatore generale: Grupo Cayalá


[1] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/23/le-plessis-robinson-quando-la-rigenerazione-urbana-quella-vera-paga-il-driehaus-prize-2018-a-marc-e-nada-breitman/

[2] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2019/08/28/la-nuova-cattedrale-di-maxim-atayants-a-san-pietroburgo/

[3] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/21/riflessioni-dopo-un-viaggio-in-armenia-e-nagorno-karabakh-alle-radici-della-cristianita-nuove-chiese-al-passo-coi-tempi-o-nel-rispetto-del-sacro/

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/La_bellezza_salver%C3%A0_il_mondo

4 pensieri su “Costruire il Bello e stimolare il senso di appartenenza è possibile

  1. colpito dalla bellezza, alla quale si associa la bellezza della tua intuizione urbanistica, non ho parole, se non dire che quello che tu ci porti è ciò di cui abbiamo necessità vitale. Estate scorsa, nel mio viaggio al sud Italia, quanto orrori sgarrupati di edilizia d’assalto, dagli anni ’60 in poi, ho visto. Quanti paesi cresciuti del 95%, dal dopoguerra in poi, come metastasi cancerose, che rattristano l’anima solo a vederle. E la gente ci deve vivere, deve vivere nel brutto, nel degrado, nel privo-di senso. Non stupisce che diventi triste, e che i giovani siano incattiviti. Che dispiacere, che orrore antropologico.

    E la RAI non ha voluto il tuo lavoro. Che dire, non stupisce.

    Tieni duro, continua, e che la Provvidenza ti assista e ci assista. E grazie di tutto.

    1. Grazie Pier Luigi,

      le tue impressioni sull’abominio dell’abusivismo edilizio (e dell’edilizia regolare) che hai visto in Estate sono le stesse mie, che causano la depressione di tanta gente innocente

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