Riflessioni dopo un viaggio in Armenia e Nagorno-Karabakh alle radici della cristianità. Nuove chiese: al passo coi tempi o nel rispetto del sacro?

Anni fa, di ritorno da uno splendido viaggio in Armenia e Nagorno-Karabakh avevo pubblicato un articolo che raccontava quell’esperienza.  Purtroppo quel blog (La Capanna in Paradiso) non risulta più essere accessibile a chiunque, essendo limitato solo ai lettori invitati. … Peccato davvero, perché nei mesi scorsi, in occasione dei convegni del CNU a Seattle e dell’IMCL a Santa Fe, avevo parlato di quel viaggio a delle splendide persone originarie di quei luoghi, segnalando loro un link che, purtroppo, non hanno mai potuto aprire!

Più volte ero stato tentato, invano, di ripubblicare sul mio blog quel testo … forse ero in attesa di un’occasione giusta per farlo.

Ebbene, tra ieri ed oggi, l’occasione è venuta dalla breve discussione che ho avuto con Giulio Paolo Calcaprina riguardo al Complesso Parrocchiale S. Pio da Pietrelcina[1], realizzato nel 2010 da Anselmi & Associati … Il caro amico, autore del post infatti, aveva ritenuto “ingenerosa” la mia  battuta (peraltro non nuova) su quella chiesa, scherzosamente definita “Chiesa di San Mc Donald”.

Alla mia replica, più diretta e chiarificatrice mi è stato detto:

«Caro amico, io credo che tu sia fermo al 1962, all’epoca preconciliare. Questa chiesa assolve perfettamente i canoni stabiliti dalla riforma liturgica, a cominciare dalla messa versus populum, perché non è più il celebrante ma l’ecclesia il fulcro della celebrazione. Questo grande manto che ripara i fedeli riporta alla semplicità della tradizione più antica. L’unica anomalia spaziale è causata dal coro che è una memoria di quelli antichi (e credo abbia anche un vantaggio acustico.
Non c’è una cosa fuori posto, compresa la soluzione originalissima della cappella feriale.
Io mi chiedo a che titolo riesci ad affermare che “offende la Chiesa”. Sei un Lefevriano? Altrimenti non riesco a spiegarmi una tale presunzione.»

La mia replica è stata la seguente:

«Sinceramente di Lefebre e di certi argomenti non può fregarmene di meno. Il Concilio Vaticano II, in realtà è stato in gran parte travisato da chi avesse intenzione a farlo riguardo ad arte e architettura, tant’è che già Giovanni Paolo II si era espresso a favore di un atteggiamento diverso da parte di artisti e architetti. Ma il discorso non è questo. Personalmente ritengo che un’architettura, a maggior ragione una struttura dedicata ad una fede, debba necessariamente risultare rispettosa dei luoghi, della liturgia e della gente, e non un’opera autoreferenziale oscena e decontestualizzata che necessiti delle parole del parolaio di turno per farne comprendere la sua “bellezza” … si chiama “senso del decoro”. Quando entro in uno spazio sacro ho bisogno di sentirmi elevare, piuttosto che opprimere. Non è un caso se, durante il mio viaggio in Armenia sono stato letteralmente rapito dall’energia trasmessa dalle chiese locali che, nella loro semplicità e coerenza plurimillenaria ti fanno realmente trascendere. Come ben sai a me piace essere diretto e dire le cose come le penso, detesto il perbenismo, le mode effimere e l’ossequiosità gratuita nei confronti delle archistars (vere o presunte). A me piace l’onestà intellettuale e la coerenza. Ho studiato architettura perché l’ho deciso quando avevo ancora 11 anni e mi capitò di svolgere una ricerca all’interno della cattedrale della mia città, Barletta, innamorandomi dell’architettura … ragion per cui amo l’architettura con la “A” maiuscola e non certe cose che ritengo appartenere alla becera edilizia con la “e” minuscola. La “chiesa” sulla quale ho voluto fare la battuta che ti ha disturbato, a ben vedere, è un edificio che potrebbe essere tranquillamente figurare come un Mc Donald posto lungo una strada suburbana americana, un luogo dove invece che servire delle ostie consacrate offrono un hamburger. Detto questo non ti voglio convincere della mia posizione, che tu definisci presunzione, anche perché se in tanti all’epoca di Archiwatch ironizzarono su questa chiesa, qualche ragione ci sarà. Personalmente, come ho più volte detto, certe strutture figlie della visione distorta imposta dalla CEI meritano lo sciopero della fede (come è già avvenuto a Foligno con l’abominio di Fuksas).»

Ecco quindi che ho ritenuto doveroso ripubblicare quel testo sul mio viaggio in Armenia e Nagorno-Karabakh che spiega meglio di ogni altra cosa il mio pensiero sul delicato argomento

Riflessioni dopo un viaggio in Armenia e Nagorno-Karabakh alle radici della cristianità

Nuove chiese: al passo coi tempi o nel rispetto del sacro?

di

Ettore Maria Mazzola

«[…] Innanzitutto ogni architetto dovrebbe accostarsi alla progettazione di una chiesa con timorosa riverenza, non col vano pensiero di erigere un monumento a sé stesso, ma con quello alto ed unico di elevare una preghiera a Dio…»                                                            (Gustavo Giovannoni)

Sono appena rientrato da uno straordinario viaggio in Armenia e Nagorno-Karabakh dove mi ero recato per visitare, prima dell’ultimazione, la piccola chiesa dedicata a San Giovanni Battista che il mio amico e collega russo, Maxim Atayants, sta realizzando presso il suo villaggio d’origine, Qaraglukh, nel Nagorno-Karabakh, a circa 30 chilometri dal confine con l’Iran.

Non è passato molto tempo, ma per noi occidentali che non l’abbiamo vissuta direttamente l’orribile guerra combattuta in Azerbajan sembra essere lontanissima … eppure sono passati pochi anni dalla sua fine nel 1994.

Quel conflitto s’è combattuto tra il ’92 e il ’94, ma già prima di allora una serie di orribili violenze si erano perpetrate a completamento del tentativo di pulizia razziale operato dai turchi a partire dal 1915. Per esempio, il villaggio di Qaraglukh, l’oggetto principale del mio viaggio ad est, era stato drammaticamente raso al suolo nel 1991.

Resti del Monumento ai Caduti della 2^ Guerra Mondiale distrutto dai turchi nel 1991
Monumento ai Caduti della 2^ Guerra Mondiale ricostruito per anastilosi in sole 3 settimane a spese di Maxim Atayants

Nulla venne risparmiato, dal Monumento ai Caduti alle lapidi del cimitero, tutto venne distrutto con un accanimento spaventoso. Da allora il tempo sembra essersi fermato, così gli unici segni di vita tra le mura del villaggio, oltre agli splendidi alberi carichi di ottimi gelsi, sono le tracce lasciate dal passaggio delle mucche e dei maiali che scorrazzano liberamente tra le rovine.

I sopravvissuti che hanno coraggiosamente deciso di rimanere in zona si sono spostati a valle nelle tristi baracche di un agglomerato che hanno chiamato Apostoli. Di lì sognano di tornare a Qaraglukh … ma ci vorrà del tempo, perché l’incubo di un ritorno di fiamma con i turchi è sempre dietro l’angolo.

Rovine di Qaraglukh
Resti di un camioncino esploso a Qaraglukh
l signor Andrew, un sopravvissuto di Qaraglukh ci mostra orgogliosamente ciò che resta del suo villaggio. Sullo sfondo si vede il cantiere della Chiesa di San Giovanni in costruzione … una grande luce di speranza per questa povera gente.

Viaggiando per il Nagorno-Karabakh, le immagini di devastazione non si limitano al solo villaggio di Qaraglukh, l’intera Regione infatti, specie in quest’area sudorientale, è disseminata di rovine e abbandono … ma c’è qualcos’altro che colpisce il viaggiatore, specie se il viaggiatore è un architetto: qui si ricostruisce ciò che si è perduto, e lo si fa nel profondo rispetto delle tipologie e delle tecniche tradizionali! Specie per quello che riguarda il restauro, la ricostruzione o la realizzazione di nuove chiese, non v’è ideologia compositiva che tenga: gli architetti si uniformano spontaneamente al desiderio condiviso di rivedere in vita i simboli del sacro, non c’è nemmeno bisogno di discutere.

Monastero di Sisavank, Chiesa di S. Giovanni VII Secolo
Monastero di Kecharis X-XIII secolo
Monastero di Khor-Virap XVII Secolo
XXI Secolo: Chiesa recentissima presso il confine tra Armenia e Nagorno-Karabakh

Così come un bambino appena nato automaticamente sa cosa deve fare per nutrirsi al seno materno, qui chi progetta una chiesa sa che deve rispettare determinate regole, immutate a partire dal 301, quando la Religione Cristiana venne proclamata religione di Stato da Tiridate III. Nessun architetto progetta una chiesa per celebrare se stesso, né tantomeno nessun prelato immagina, come avviene da noi, che l’immagine della Chiesa debba “essere al passo coi tempi”. Qui occorre solo di ripristinare i simboli – immutati – del Cristianesimo, e con essi riaffermare il senso di appartenenza di questa gente, vittima anche dell’indifferenza del mondo intero rispetto alle sofferenze che ha patito.

Tutto questo per me rappresenta una grande lezione morale nei confronti della nostra società, specie nei confronti del Cattolicesimo che, “grazie” a delle politiche d’immagine molto discutibili, sta vedendo i fedeli perdere d’interesse nei confronti delle nuove chiese e “opere d’arte” sacra e, con questo, sta rischiando la perdita d’interesse dei fedeli verso la sua stessa istituzione.

Ma sarà davvero necessario mostrarsi “al passo coi tempi” per attirare i fedeli?

Viaggiando per queste Regioni remote è possibile imbattersi in situazioni che, semmai, dimostrano esattamente l’opposto.

Rovine della Cattedrale di Ptgni XII Secolo – qui la gente prega anche all’interno di una chiesa in rovina da secoli …
Antica cappella abbandonata presso il Monastero di Haghartsin – XII-XIII secolo – anche qui la gente prega all’interno di una chiesa in rovina da secoli!

In moltissime occasioni, come a Ptgni, Aruch, Talin, Hagharstin, ecc., mi sono imbattuto in chiese in rovina che mostrano il passaggio costante di fedeli che continuano a venire a pregare, lasciando icone ed ex-voto all’interno di ambenti sconsacrati da secoli … per la gente queste sono e rimarranno per sempre delle chiese!

Per la gente questi sono simboli nei quali identificarsi orgogliosamente, queste sono ferite che occorre rimarginare in nome di una fede senza tempo, una fede che non è mai stata vittima del consumismo e della società dello spettacolo, una fede pura e spontanea che, anche grazie alla sua purezza e spontaneità, non indispettisce né insospettisce i fedeli, i quali continuano a popolare gli edifici di culto, anche quelli in rovina, sentendosi protetti e vicini al Signore.

Monastero di Haghartsin – XII-XIII secolo – il Gavit parzialmente ricostruito com’era dov’era. I lavori sono stati sospesi ma riprenderanno appena ce saranno le condizioni economiche per farlo.
Monastero di Haghartsin – XII-XIII secolo – una cappella ricostruita recentissimamente com’era e dov’era, lungi da quasivoglia stupido pregiudizio di “falsificazione della storia”.
Talin chiesa del VII secolo parzialmente ricostruita com’era e dov’era da parte degli stessi operai che stanno costruendo la chiesa di Maxim Atayants
Monastero di Gtchavank (Karabakh) – secolo XIII – in fase di restauro “ricostruttivo” da parte degli stessi operai che stanno costruendo la chiesa di Maxim Atayants

Anche per questa ragione gli architetti, i mastri e muratori armeni coi quali ho potuto parlare mi hanno chiaramente fatto capire che per loro non v’è distinzione alcuna tra “restauro” e “realizzazione” di una chiesa.

Gli “eroi” Marat, Shavarsh, Harut e Zolak e il loro mastro Grikor – purtroppo deceduto a gennaio – realizzatori della chiesa progettata da Maxim Atayants a Qaraglukh, ma anche la Direttrice dei Lavori, l’arch. Manushak Valeri, esperta di restauro e conservazione, mi hanno raccontato delle decine di lavori svolti negli ultimi venti anni senza fare alcun distinguo tra nuovo e vecchio, anche perché molti dei lavori svolti sono opere di ricostruzione fedele di chiese perdute a seguito di antichi terremoti o della violenza turca dei primi anni ’90.

Ma non si tratta solo di architettura sacra, perché anche le opere d’arte, come le sacre icone, oggi vengono realizzate nel più rigoroso rispetto della simbologia illuminata altomedievale, e la cosa non disturba né gli architetti, né gli artisti, né i prelati! … Non sarà che siamo noi “occidentali colti ed evoluti” ad essere in difetto? E perché?

Chiesetta di Karmrakush nel Nagorno- Karabakh, XVI sececolo  in restauro – la lanterna per la campana è nuova! Il progetto di ricostruzione e la D.L. sono dell’arch. Manushak Valeri
Monastero di Kecharis X-XIII secolo – Icona col battesimo di Gesù basato sulla simbologia illuminata altomedievale. L’opera è stata realizzata nel 2011!

Questo viaggio mi ha segnato nel profondo.

Sarà che mi è sembrato di tornare bambino vedendo modelli di auto che non vedevo da quando avevo 13 anni, sarà che non ho visto bambini e persone obese o sovrappeso come non mi capitava di vedere da quando ero ancora adolescente, sarà che mi è sembrato tutto puro e incontaminato, con profumi che avevo dimenticato, ma tutto mi è sembrato magicamente attraente.

Ma non è solo questo, la cosa che più mi ha colpito è stata la devozione di questo popolo nei confronti della religione, e la cosa mi ha fatto riflettere a fondo. Guardare alla spontaneità con la quale la gente si reca in chiesa, al modo in cui i sacerdoti accolgono chiunque entri in chiesa, al modo povero, semplice e profondamente spirituale di celebrare matrimoni e battesimi (mi sono casualmente trovato ad assistere a due cerimonie) mi ha fatto riflettere su quanto la nostra società possa essersi corrotta.

Tutte queste riflessioni mi hanno portato a ripensare anche alla recente polemica sulla quale mi ero espresso prima del mio viaggio in Armenia, ovvero la bruttezza e inconsistenza delle nuove chiese cattoliche italiane denunciata dal professor Antonio Paolucci, storico dell’arte italiano e attuale Direttore dei Musei Vaticani, nonché Sovrintendente dei Beni Artistici della Santa Sede.

Per questo ho voluto rendere tutti partecipi si queste mie sensazioni.

A chi promuove attraverso l’immagine la necessità della chiesa di “essere al passo coi tempi” guardando solo in avanti, suggerirei di non disdegnare l’opportunità di guardare anche indietro, né tantomeno quella di guardare ad altri approcci alla religione non così lontani dal Cattolicesimo.

Agli architetti di oggi risulta indispensabile creare nuove soluzioni per problemi che ancora non esistono, sì da giustificare la necessità di cambiamento, anche nell’architettura ecclesiastica … ma perché?

Dalle avanguardie ottocentesche ad oggi, con l’imposizione del concetto di “élite colta”, la nostra categoria ha operato un lavaggio del cervello talmente vasto che, anche all’interno del Vaticano, sembra ormai impossibile poter fare le cose in nome del semplice buon senso.

… Sarà per un senso di colpa per le antiche persecuzioni nei confronti della scienza? Nessuno potrà mai saperlo, ma è certo che l’uso dell’immagine adottato nella Chiesa Cattolica dagli anni ‘50 dello scorso secolo ad oggi mostra un declino inaccettabile.

In occasione della polemica innescata dal prof. Paolucci sono state tirate in ballo false giustificazioni di budget, si sono capziosamente tirati in ballo i fondi illimitati che hanno consentito la realizzazione delle chiese barocche italiane.

Ebbene il messaggio che viene da questa mia esperienza armena è che la gente si sente vicina al Signore non solo nelle chiese barocche realizzate con budget sconfinati, ma anche in modestissime strutture perfettamente rispondenti al senso del Sacro.

In un’epoca di austerità, restando in linea con la politica dell’umiltà professata dal Papa Francesco, potremmo iniziare a rivedere il nostro modo di progettare gli spazi sacri traendo ispirazione dalla semplicità di questi spazi che ho documentato, dove i puri volumi interni ed esterni, i raggi luminosi che squarciano la penombra, la correttezza delle proporzioni, la bellezza della pietra, la raffinatezza dei semplici dettagli, creano davvero un’atmosfera particolare che aumenta la percezione spirituale.

Riflettendo sul significato più profondo dell’opera ricostruttiva degli edifici cristiani del Nagorno-Karabakh emerge l’importanza dell’aspetto psico-sociologico del dramma della guerra e della conseguente necessità di ricostruzione dei simboli di appartenenza di un popolo ad una terra e ad un Dio.

La chiesa di San Giovanni Battista – prospetto sezione e vista interna nei renderings finali dell’arch. Maxim Atayants. Per le incredibili immagini della chiesa costruita rimando a tutti i miei articoli in rete

Questo è un messaggio importante rivolto a tutti coloro i quali pretendono di poter fare un progetto architettonico dedicato a se stesso, piuttosto che soddisfare la volontà popolare di avere uno spazio sacro concepito secondo quei canoni progettuali che non necessitano di una “spiegazione colta” da parte del presunto esperto di architettura!

Una delle peggiori violenze che si può fare ad una popolazione è quella di strapparle le sue tradizioni e i suoi rituali, lo aveva ben compreso Augusto che, anche grazie a questo, fu in grado di riportare la pace nel mondo romano.

Perché mai dovremmo imporre alla gente di cambiare le sue usanze e costumi?

Siamo davvero convinti che questi mutamenti imposti aiutino ad avvicinare i fedeli alla Chiesa?

Oppure è più realistico che tutto ciò generi un certo spaesamento, con conseguente allontanamento da quei simboli religiosi in cui non ci si riconosce più?

Questa esperienza mi ha senza ombra di dubbio convinto della seconda ipotesi.

[1] http://www.archidiap.com/opera/complesso-parrocchiale-san-pio-da-pietrelcina/

4 pensieri su “Riflessioni dopo un viaggio in Armenia e Nagorno-Karabakh alle radici della cristianità. Nuove chiese: al passo coi tempi o nel rispetto del sacro?

  1. Caro Ettore, l’autore dei testi dello scambio di vedute che riporti sono io, puoi perciò citarmi senza problema, se credi. Vorrei altresì che modificassi il testo per quello che riguarda l’interpretazione del mio pensiero da parte tua: infatti non mi sono risentito per San McDonald, quella è una tua posizione più che lecita (e se ti scrivo che il tuo giudizio è ingeneroso non vuol dire che l’ho preso come una questione personale). Il mio risentimento invece (lo avevo riportato tra virgolette in modo da essere preciso)è relativo alla tua attribuzione di ciò che può offendere o no la Chiesa, di cui sento di fare parte.
    Credo che correggere quanto riporti erroneamente del mio pensiero sia una richiesta ragionevole che tu possa assolvere. Attendo tue nuove. Grazie.

    1. caro Giulio,
      mi fa piacere leggere il tuo commento e che mi autorizzi a citare il tuo nome.
      Nel riportare il nostro “dibattito” ho fatto un “copia incolla” da FB, quindi non ho modificato nulla di ciò che ci siamo detti. Il fatto che tu abbia ritenuto “ingeneroso” il mio commento mi ha fatto intendere che non gradissi la critica, infatti ho poi notato che avevi avuto una discussione simile con Robert Maddalena che ricordava il vecchio post su Archiwatch dove anche Muratore parlava di Mc Donald. In quel caso, nel riconoscere la cultura del compianto professore, lo hai definito un “passatista”. Se pensi che abbia frainteso il tuo pensiero mi spiace e mi scuso, per cui provvederò a modificare il mio testo, spero comunque che le mie riflessioni sul viaggio in Armenia e Nagorno-Karabakh possano averti fatto comprendere meglio ciò che intendevo col mio giudizio critico su un certo modo, a mio modo di vedere inaccettabile, di affrontare la progettazione di un edificio religioso.

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