Quando la semplificazione diviene dittatura – Riforma dello Sport o devastazione dell’Italia?

Quando la semplificazione diviene dittatura – Riforma dello Sport o devastazione dell’Italia?

Anni fa, in maniera del tutto “trasparente”, piuttosto che tutelare la salute degli italiani adottando misure più restrittive, venne deciso di innalzare il limite massimo di sostanze tossiche contenute nell’acqua che beviamo[1]. Allo stesso modo, per soddisfare le pressioni degli eco-criminali dell’agricoltura industriale d’oltre oceano lo Stato italiano, nonostante le proteste argomentate degli ambientalisti, a più riprese ha mostrato grandi aperture verso i TTIP … che finiranno per avvelenare i cittadini italiani con prodotti agricoli geneticamente e chimicamente modificati.

La politica corrotta dai vari “mangiafuoco” è fatta così: se una misura risulta penalizzante per gli interessi privati dei “grandi investitori” (indipendentemente dalla correttezza di questi ultimi), quella misura si modifica, sì da poter evitare il fastidio dei rompiscatole.

Allo stesso modo, se ci sono grandi banche, o grandi speculatori internazionali, che intendono fare grandi profitti sul territorio italiano, uno sparuto numero di burocrati e politici, privi di conoscenze tecniche ed ambientali, modifica le norme urbanistiche ed il gioco è fatto …

Ma c’è di peggio: per fare in modo che queste modifiche possano ottenere il consenso del popolo bue, le stesse vengono presentate usando argomenti e parole di grande impatto populista, sì da apparire cosa buona e giusta.

Cosa può risultare più convincente, in un Paese afflitto dalle lungaggini burocratiche, se non l’uso di termini come concertazione, accelerazione e semplificazione? Davanti a tanta propaganda, chi volete che vada a sindacare se si tratti davvero di un beneficio per il Paese?

In Italia si fa un gran parlare dei diritti dei nostri cittadini, “prima gli italiani” è lo slogan tanto caro a chi, asservito ai grandi poteri, da un lato istighi alla guerra tra poveri mentre dall’altro – da governante – negli anni abbia spianato la strada alla svendita (che potremmo meglio definire “colonizzazione economica”) dell’Italia.

Uno degli argomenti principe dei nostri “neoliberisti bipartisan” è infatti quello di dover deregolamentare e semplificare la nostra burocrazia, sì da favorire gli investitori stranieri … in nome di una politica globalizzata interessata a “delocalizzare le attività economiche” … Avete forse dimenticato l’abuso del termine “deregulation” durante i governi Berlusconi[2]?

In pratica, in questi anni, approfittando del grave livello di ignoranza (artatamente creato tramite i media), mentre veniva alimentato il fuoco dell’odio razziale, sostenendo che i morti di fame extracomunitari venissero a “rubare il lavoro agli italiani”, è stata consentita una devastazione molto più pesante dell’economia italiana, attraverso l’accettazione e promozione delle politiche neoliberiste votate alla deregolamentazione e alla delocalizzazione … le conseguenze di quest’ultima sul territorio, infatti, comportano “la contrazione dei lavoratori impiegati in quel settore e la perdita di competitività strutturale, giacché se prima delocalizzare significava solo dare all’esterno funzioni semplici, attualmente si delocalizzano funzioni importanti (ingegneria, software, progettazione) che vanno sicuramente ad incidere negativamente sul sistema economico e sociale[3]” … davanti a questa precisazione viene quindi da sorridere al pensiero che il problema sia l’arrivo dei disperati che finiscono per eseguire lavori sottopagati nei campi, nelle industrie e nei cantieri (magari di proprietà di sostenitori dello slogan di cui sopra), che nessun italiano, sebbene disperato, mai accetterebbe di fare a quelle condizioni.

Questa premessa, sebbene semplicistica, vuole essere lo spunto per riflettere sulle reali valenze della bozza di Legge per la modifica della cosiddetta “Legge Stadi” in discussione, perché ne va del bene del nostro Paese.

A tal proposito si rifletta sull’arrivo, in Italia, di tanti ipotetici investitori stranieri i quali, da un giorno all’altro, sono magicamente divenuti interessati al calcio … che manco conoscevano. Questi signori, lo abbiamo visto, sono venuti in Italia certi di poter fare speculazioni fondiarie ed edilizie, non certo perché volessero vincere scudetti e coppe …

Si pensi per esempio a Mr. James Pallotta che a Roma, in attesa che si concretizzasse l’operazione Tor di Valle, ha provveduto a vendere i pezzi migliori della AS Roma, piuttosto che rafforzarla … ma la colpa non possiamo attribuirla a lui, ma a chi abbia legiferato in modo da “attrarre i capitali stranieri in Italia”.

Ora la situazione su Tor di Valle risulta gravemente impantanata – è il caso di dirlo – a livello urbanistico amministrativo e, come quella, lo è anche quella per gli stadi di Milano e Firenze. Certe situazioni non sembra possano risolversi a breve … e questo a causa della “noiosa” necessità di dover rispondere alle norme urbanistiche e dimostrare l’interesse pubblico dell’intervento …

Occorrerebbe quindi una svolta: Quale miglior soluzione al problema – che vede in campo anche i grandi interessi delle banche – se non quella di cambiare, radicalmente, le regole?

Per meglio comprendere la situazione passo quindi la parola a chi, (dr. Alfredo Parisi – Presidente di FederSupporter e avv. Massimo Rossetti – grande esperto di Diritto Amministrativo,) di sport, di calcio e di normativa specifica ne sappia molto più di me, invitando tutti a leggere attentamente e riflettere sulle gravissime insidie – nemmeno celate – di questa riforma scellerata.

Progetto per il “Business Centre con annesso Stadio per la AS Roma” a Tor di Valle di Daniel Libeskind, Dan Meis e Carlo Ratti, nelle due versioni con e senza torri. La più grande vergogna degli ultimi decenni a Roma. Nonostante la mole delle irregolarità e reati commessi, per i quali c’è gente in carcere e tanta gente a processo, soprintendente e membri della giunta comunale inclusi, vanta ancora il sostegno del Campidoglio!

Riflessioni sulle “Misure di concertazione, accelerazione e semplificazione” per la costruzione, ristrutturazione e ripristino degli impianti sportivi, in Bozza di riforma dello sport, presentata dal Ministro Spadafora.

(Alfredo Parisi, Presidente FederSupporter)

La normativa in merito ad interventi di costruzione, ristrutturazione e ripristino degli impianti sportivi, nella bozza attualmente all’esame del Governo, poggia su due elementi che scardinano, sotto la finalità di semplificazioni procedurali e di deburocratizzazione, tutto l’impianto tecnico- amministrativo che regolamenta interventi sul territorio.

Da un lato l’ingerenza di un soggetto privato (e non di una associazione o società sportiva) che presenta un progetto diviene il vero motore del procedimento amministrativo che dovrebbe essere finalizzato ad accertare, in primis, l’interesse pubblico. Il privato diviene pertanto il vero dominus dell’iter amministrativo, controllandone il rispetto dei tempi necessari per le decisioni.

Dall’altro un pressante e preoccupante intervento politico che marginalizza, se non addirittura, espropria le prerogative e le competenze di Comune e Regione, attraverso l’ingerenza autoritaria di un Organo monocratico (e non collegiale): il Presidente del Consiglio dei Ministri che interviene, spiazzando, iure proprio, Comune e Regione.

Per quanto attiene agli aspetti di illegittimità costituzionale si rinvia all’allegata Nota dell’Avv. Massimo Rossetti.

Per rendere più facilmente intellegibile i passaggi critici dell’analisi di cui sopra e per chiarire le “novità” della Riforma, si dettaglia, di seguito l’iter procedimentale che prende avvio dalla presentazione di un Progetto con le finalità sopra richiamate e che, è bene rammentare, riguarda tutte le Amministrazioni statali coinvolte, nell’ambito delle rispettive competenze, nella salvaguardia del territorio.

ProponenteDestinatarioTempi decisionali
Soggetto presentatore del ProgettoCOMUNE7-15 giorni dalla ricezione per convocare la
 Conferenza di servizi preliminare 
  30 giorni per la valutazione del Progetto
In caso di mancata convocazione, il Proponente presenta istanza aAutorità di Governo competente in materia di sportentro 15 giorni per la convocazione della   Conferenza di servizi preliminare
Il Proponente presenta il Progetto Definitivo allaCONFERENZA di servizi DECISORIA che deve deliberare in via definitivaEntro 60 giorni

Qualora il Progetto interessi la competenza della Regione, il Progetto è presentato alla Regione che deve convocare la Conferenza di Servizi decisoria la quale è chiamata a deliberare entro 90 giorni.

E qui si qualifica l’intervento politico che suscita ancora di più i dubbi di legittimità costituzionale.

Infatti, qualora Comune e/o Regione non dovessero accettare l’invito dell’Autorità di Governo   competente in materia di sport, a convocare la Conferenza di Servizi Decisoria, sarà la stessa Autorità di Governo, su sollecitazione ulteriore del soggetto Proponente a convocare la Conferenza di servizi decisoria entro 30 giorni. Conferenza che dovrà emettere il provvedimento finale.

Comunque, il soggetto presentatore del progetto trova una ulteriore tutela politica.

Infatti, sempre su sua istanza, si rivolge al Presidente del Consiglio dei Ministri il quale obbliga Comune e/o Regione (a seconda delle competenze), che erano rimasti inattivi alle sollecitazioni del proponente, ad adottare comunque i provvedimenti entro 30 giorni.

Ed è sempre il Presidente del Consiglio dei Ministri a farsi, ancora, sollecitatore del progetto.

Qualora, dunque, Comune e/o Regione non adottino i provvedimenti “richiesti”, non a seguito di un procedimento amministrativo, ma di un procedimento politico (prima l’Autorità di Governo competente in materia di sport, poi il Presidente del Consiglio dei Ministri), il Presidente del Consiglio dei Ministri provvederà a nominare un Commissario che, “anche lui” si deve impegnare ad adottare i provvedimenti entro 30 giorni.

Un doveroso raffronto.

Per un utile confronto con la normativa precedente, tuttora operante, che regola la ”Costruzione di impianti sportivi” (art.62), così come regolamentato dal D.L. 24/4/2017 n. 50 e della relativa Legge di conversione del 21.06.2017 n. 96, si riporta una breve sintesi.

La norma prevede uno studio di fattibilità che, per permettere un complessivo equilibrio economico finanziario dell’iniziativa (anche valorizzando il territorio in termini sociali), consente la costruzione di immobili con destinazioni di uso diverso da quella sportiva, ma comunque complementari o funzionali al finanziamento o alla fruibilità dell’impianto sportivo.

E qui, la prima grande differenza con il testo normativo in bozza che prevede, per il raggiungimento del complessivo equilibrio economico finanziario dell’iniziativa “la costruzione di immobili con destinazioni d’uso diverse da quella sportiva … in aree non contigue …”

Infatti, è proprio la finalità sportiva che caratterizza la norma tuttora in vigore e che consente investimenti edilizi, ma sempre e comunque, collegati/funzionali all’impianto sportivo e che esclude categoricamente “la realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale”. Investimenti edilizi che, inoltre, devono essere compresi nell’ambito del territorio urbanizzato comunale e comunque sempre in aree contigue all’impianto sportivo.

Il progetto definitivo deve recepire tutte le condizioni richieste dalla Conferenza di servizi preliminare e, qualora, abbia come oggetto interventi su impiantistica sportiva privata deve prevedere formalmente (convenzione) la realizzazione delle opere di urbanizzazione prima (o almeno contestualmente) alla realizzazione dell’iniziativa.

Elemento qualificante della norma tuttora in vigore è la valutazione del progetto in termini di impatto ambientale, che viene verificato in sede di Conferenza dei servizi decisoria, alla quale partecipano tutte le Amministrazioni competenti.

Proprio con queste finalità il verbale conclusivo della Conferenza dei servizi decisoria, che approva il progetto definitivo, integrato da tutte le precisazioni e le indicazioni delle amministrazioni competenti, costituisce dichiarazione di pubblica utilità oltreché di compatibilità ambientale e, soprattutto, di variante allo strumento urbanistico comunale.

Come si vede, un iter procedimentale, nel dovuto rispetto della legislazione concorrente Stato-Regione, che coinvolge tutte le amministrazioni pubbliche e le reciproche competenze.

Competenze non turbate da alcun “intervento politico”, tipo quello previsto dall’art. 1 comma 6, della bozza sulla “costruzione ristrutturazione ripristino degli impianti sportivi”, che prevede, con l’intervento dell’Autorità competente in materia di sport (sentito semplicemente il Sindaco o il Presidente della Regione) una urgente convocazione della Conferenza di Servizi che dovrà provvedere ad emettere il provvedimento finale in deroga ad ogni altra disposizione di Legge o … ogni autorizzazione o permesso comunque denominato necessario alla realizzazione dell’opera”.

Conclusioni

Una breve considerazione di chi, da anni, segue il complesso iter del procedimento per la “costruzione” dello Stadio di Tor di Valle.

Tutto l’impianto normativo descritto, presentato in bozza, altro non è che il cronoprogramma di quello che si dovrebbe fare per sbloccare lo Stadio di Tor di Valle e gli insediamenti edilizi connessi.

Infatti, l’intervento dell’Autorità di Governo competente in materia di sport sarà tombale: “In deroga a ogni altra disposizione di legge, il provvedimento finale sostituisce ogni autorizzazione o permesso comunque denominato necessario alla realizzazione dell’opera e determina la dichiarazione di pubblica utilità indifferibilità e urgenza dell’opera medesima, ivi compresi gli interventi, sia pubblici, sia privati, da realizzare nelle aree pertinenziali, contigue o anche non contigue…”.

E qui, direbbe il Grande Alberto Sordi, “Scatta l’applauso”.

Nota sulla Bozza Legge di riforma dello Sport (avv. Massimo Rossetti)

Il Titolo I della Bozza in oggetto è intitolato “Della costruzione, ristrutturazione e ripristino degli impianti sportivi” e, nel Capo I, è previsto l’articolo 1 “Misure di concertazione, accelerazione e semplificazione.”.

Ciò premesso, e nell’accingermi a commentare alcuni aspetti, che ritengo cruciali della suddetta normativa, osservo preliminarmente che, nel complesso, esse mi sembrano ancor più accentuate di quelle vigenti in materia e fortemente influenzate dalla prevalenza data ad interessi privati piuttosto che all’interesse pubblico.

Non si comprende, innanzitutto, trattandosi di impianti sportivi, perché l’ammodernamento e la costruzione di tali impianti siano riservati, in via principale, a non meglio identificati soggetti e, invece, le associazioni e le società sportive, vale a dire i soggetti più direttamente interessati, con o senza fini di lucro, siano visti e posti in una posizione residuale e ancillare rispetto a soggetti del tutto estranei all’attività sportiva.

Quanto disposto dall’art. 1 rende attuale ed esplicito ciò che il Presidente della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, in un articolo a pag. 3 de “Il Messaggero “, del 22 aprile 2017, osservava a proposito dell’art. 62, Capo III “Interventi per impianti sportivi” del D.L. 24 aprile 2017, n. 50.

«Comprime il ruolo della amministrazione pubblica nelle procedure edilizie e pone parecchi interrogativi legati a quali società potranno usufruire di procedure iper-accelerate. Si concede un importante privilegio nell’edificazione di nuove strutture … Sono autorizzate a varare ampie operazioni edilizie per sostenere finanziariamente la realizzazione di nuovi impianti. Il punto è capire se è giusto o meno estendere il privilegio ad altri soggetti o altre imprese che si consorzino con le società sportive le quali potrebbero diventare di pura copertura. Il ruolo di Regione e Comune non viene compromesso ma compresso … La nuova disciplina consente qualsiasi destinazione d’uso, lasciando il vincolo dell’equilibrio finanziario per la realizzazione degli impianti sportivi … Questo apre ad ogni modifica dell’assetto urbanistico … C’è un ampliamento delle possibilità di modificare gli assetti edilizi di un’area. L’intervento del compenso dal punto di vista procedurale perché vi è una unificazione della Conferenza di Servizi che riguarda l’aspetto urbanistico con quella che riguarda la valutazione dell’impatto ambientale. Solo dopo la conclusione di questa Conferenza Unificata c’è la delibera del Consiglio comunale. Sembrerebbe che quella del Consiglio Comunale diventi una approvazione di ratifica in qualche modo vincolata. Bisogna che si faccia attenzione che questa novità non sia il punto di apertura di modifiche senza limiti dell’assetto del territorio … È adeguatamente giustificata questa procedura solo perché riguarda una associazione sportiva quando magari l’effettivo ruolo di questa associazione può essere marginale?».

Ebbene, anzi male, basta leggere, sia pure solo superficialmente l’art. 1 in questione per comprendere come l’effettivo ruolo dell’associazione o della società sportiva sia reso ancor più marginale di quello che è già oggi.

Sparisce l’espresso divieto di realizzazione di insediamenti residenziali, mentre possono essere realizzati immobili, con qualsiasi destinazione d’uso, purché complementari o funzionali al finanziamento o (e non “e”) alla fruibilità dell’impianto sportivo.

Non solo, ma tali immobili possono essere realizzati anche in aree non contigue all’impianto sportivo, nell’ambito dell’intero territorio urbanizzato comunale, con possibilità di pieno sfruttamento di tutte le aree di pertinenza dell’impianto in tutti i giorni della settimana.

E ancora, per contribuire al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa, nonché al fine di assicurarne adeguati livelli di bancabilità e l’eventuale coinvolgimento degli operatori bancari e finanziari, pubblici e privati, al progetto di fattibilità, il progetto può comportare il riconoscimento di un prezzo, la costituzione di garanzie pubbliche o altre misure di sostegno da parte del Comune o di altre Amministrazioni o Enti pubblici, la concessione del diritto di superficie e del diritto di usufrutto su di essi, ovvero la cessione del diritto di superficie e del diritto di usufrutto di altri immobili di proprietà della Pubblica Amministrazione.

Una vera e propria pacchia una sorta di “Eldorado”, con asservimento, pressoché totale, dell’interesse pubblico ad interessi privati a favore di qualsivoglia soggetto che voglia realizzare, con la copertura, come osservato dal Presidente Mirabelli, della realizzazione di un impianto sportivo, colossali speculazioni, assolutamente non consentite e non consentibili, senza tale copertura e che vedano le società sportive in un ruolo veramente marginale da specchietto per le allodole.

Aggiungasi che, a fronte di una generica e fumosa petizione di principio, quale l’asserita valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali, economici, ambientali e di efficienza energetica, le norme in parola prevedono specifici ed assai concreti interventi e contributi a spese ed a carico della Pubblica Amministrazione, leggasi dei cittadini, ad iniziative altamente speculative.

Né si ha, almeno, l’accortezza di stabilire, a garanzia dell’effettiva complementarietà alla fruibilità dell’impianto sportivo, di complessi edilizi con altre destinazioni d’uso, che la superficie utile lorda e la cubatura di tali complessi non superino, per esempio, di 1/3 la superficie utile lorda e la cubatura dell’impianto sportivo.

Quanto sopra, allo scopo di garantire la congruenza della normalità nei confronti del fine dichiarato da essa perseguito: cioè la costruzione, ristrutturazione e l’ammodernamento di impianti sportivi.

Circa, poi, la procedimentalizzazione degli interventi, essa prevede non solo una forte compressione dei tempi e delle fasi dell’iter procedimentale, ma, soprattutto, una forte compressione delle prerogative Comunali e Regionali, considerato che l’ordinamento sportivo ed il governo del territorio rientrano, ex art. 117 Costituzione, tra le materie di legislazione concorrente Stato-Regioni.

E da questo punto di vista il fatto che, nella norma in esame, si autocertifichi che essa è rispettosa di tale competenza concorrente, suona come una classica excusatio non petita.

Quello che, infatti, conta ai fini di stabilire se il suddetto riparto di competenze è rispettato, oppure no, è che allo Stato spetta il compito di emanare leggi quadro o leggi cornici, mentre alle Regioni spetta quello di emanare norme specifiche settoriali.

Laddove, per leggi quadro o cornici devono intendersi quelle aventi un elevato livello di astrattezza, funzionale all’adozione di un indefinito numero di atti legislativi regionali, costituenti a propria volta fattispecie astratte.

Requisito che, a mio avviso, le norme in commento non possiedono, configurandosi come norme di dettaglio.

Neppure soccorre il richiamo all’art. 120 Costituzione che, ai fini della tutela dell’unità giuridica ed economica nazionale, consente al governo di sostituirsi alle Regioni.

In questo caso lo stesso art. 120 prevede che venga, comunque, osservato il principio di leale collaborazione.

Quest’ultimo che non può risolversi in una mera affermazione “sentita la Regione o sentito il Comune”, come recitano le norme in questione, bensì così come sancito dalla Corte Costituzionale “l’attività di concertazione deve svolgersi secondo comportamenti coerenti e non contraddittori … Le parti inoltre non possono dar luogo ad atteggiamenti dilatori, pretestuosi, ambigui, incongrui o insufficientemente motivati, dimodoché il confronto possa avvenire su basi di correttezza e di apertura alle altrui posizioni“ (cfr. sentenza n. 379/1992).

Sempre la giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenza n. 124/ 2015) ha, altresì, stabilito che l’esercizio della potestà legislativa statale sostitutiva o sussidiaria a quella regionale, rientrante in materie di competenza legislativa concorrente, è illegittima, in mancanza di previa intesa con le Regioni in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza Unificata.

Ma per rimanere in ambito calcistico, ancora più netta appare l’invasione di campo da parte dello Stato, allorché si prevede che un rappresentante del Comune, privo di qualsiasi natura e funzione organica, possa in sede di Conferenza di Servizi, che secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, anche costituzionale, costituisce un mero modello procedimentale, senza che ciò comporti alcuna modificazione o sostituzione di competenza e senza perciò essere un organo/ organismo autonomo, possa legittimamente assumere valore di variante allo strumento urbanistico.

Vengono, allora, nuovamente alla mente le parole del Presidente Mirabelli, il quale paventava che in questo modo si scoprisse un vero e proprio “vaso di Pandora” rappresentato da modifiche senza limiti dell’assetto del territorio, con l’aggravante che con la nuova normativa non solo quella del Consiglio comunale possa diventare una approvazione di ratifica vincolata.

Ma peggio, il predetto Consiglio verrebbe privato di qualsiasi potere di approvazione sia pure soltanto ratificativo e vincolato.

Come, dunque, una normativa del genere possa resistere ad un vaglio di costituzionalità, in specie sotto il profilo del rispetto del principio ex art. 3 Costituzione, di uguaglianza e del suo corollario principio di ragionevolezza, a me sembra francamente sfuggire.

Si deroga all’istituto del dissenso qualificato, intendendosi per tale quello espresso da una Pubblica Amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili (in materia ambientale, paesaggistica, culturale, della salute, della pubblica incolumità), per cui tali amministrazioni possono proporre opposizione alla Determinazione conclusiva della Conferenza di servizi Decisoria, mediante ricorso al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ricorso che comporta il tentativo di raggiungere una intesa, venendo rimessa, in mancanza, la decisione finale all’Organo collegiale Consiglio dei Ministri, e non all’Organo monocratico Presidente del Consiglio dei Ministri.

La Corte Costituzionale (cfr. sentenza n.179 dell’11 luglio 2012) ha stabilito l’illegittimità della norma che rimetteva la soluzione del conflitto senza il tentativo di una previa intesa, al Consiglio dei Ministri in quanto lesiva del rispetto di competenze ex art. 117 Costituzione.

Il soggetto proponente non partecipa più alla Conferenza di servizi in qualità di uditore, bensì come partecipe a pieno titolo del procedimento amministrativo, ponendosi nei confronti della Pubblica Amministrazione alla stregua di una controparte contrattuale.

Una prassi che rischia di diventare una deriva verso una legislazione extra ordinem.

Sempre più discosta dalla legalità che “[…] comprimendo i principi dell’ordinamento si pone in evidente contrasto con lo Stato di diritto […]” (cfr. F. Valentini, ”Necessità ed urgenza: i poteri dell’amministrazione per fronteggiare le emergenze” , in ALTALEX, 31 marzo 2020).

Il cerchio, in questo senso si chiude con l’ipotizzata sostanziale irresponsabilità amministrativa o erariale, nonché con gli “scudi” solitamente accordati ai commissari di turno, in violazione, direi in spregio, dell’art. 28 Costituzione secondo cui “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici, sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili, amministrative degli atti compiuti secondo le leggi penali, civili, amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti”.


[1] https://www.lescienze.it/news/2010/11/26/news/non_solo_arsenico_lo_stato_delle_acque_italiane-553892/

[2] https://st.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-01-28/francia-apre-ampliamento-fondo-153602.shtml?uuid=Aan0Li3C&fromSearch=

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Delocalizzazione_(economia)

Un pensiero su “Quando la semplificazione diviene dittatura – Riforma dello Sport o devastazione dell’Italia?

  1. Al netto delle apprezzatissime e fondamentali osservazioni critiche sull’aspetto giuridico normativo e procedurale di quasi tutta l’operazione, mi sento di aggiungere che dai “disegni” di progetto qui e altrove visionati, siamo al solito difronte a un’architettura priva di radici, senza passato e dunque fatalmente senza futuro, a una corrispondenza inquietante fra inganno normativo e procedimentale e il suo esito estetico, la sua veste formale. La forma non veste mai due corpi e svela impietosamente il contenuto che la genera. In architettura almeno.

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