Architettura, una luce di speranza

Come di consueto, al termine delle lezioni del primo giorno, all’interno della splendida cornice della Basilica di San Clemente, è stata celebrata la messa di benedizione dell’inizio dell’attività universitaria. In qualità di ospiti speciali, abbiamo assistito alla celebrazione all’interno del recinto della Schola Cantorum.

Diversamente dagli anni precedenti, quest’anno abbiamo avuto davvero una “messa speciale”, celebrata da Padre Kevin O’Reilly, un sacerdote davvero speciale che ha fatto un’omelia di quelle che ti lasciano il segno … anche se non sei un religioso osservante.

Padre O’Reilly non è un sacerdote qualsiasi, è un irlandese che ha svolto studi filosofici e musicali e che svolge attività accademica presso l’Angelicum di Roma, una persona di grandissima cultura e, soprattutto, di grandissima sensibilità.

Padre O’Reilly infatti, dovendo dare il benvenuto e augurare un buon anno accademico a dei nuovi studenti del terzo anno e del Master Post Lauream in Architettura, ha pensato bene di prepararsi un discorso ad-hoc, che non può non aver lasciato un segno nel cuore e nella mente dei “nostri” ragazzi e docenti. Le sue parole, di valore universale, sono di quelle che portano chiunque possieda un cuore ed una mente pura, a riflettere sul proprio operato ed ambire ad un mondo migliore.

Dopo la messa, durante il rinfresco organizzato presso la nostra sede di via Ostilia 15, ho avuto l’immenso piacere di dialogare con Padre O’Reilly, spaziando dall’arte all’architettura, dalla musica alla filosofia, dalla psicologia alla storia, ringraziandolo a nome di tutta l’università per la saggezza delle sue parole ai “nostri” studenti; con l’occasione gli ho anche chiesto se fosse possibile avere una copia del suo testo che lui, ieri, prontamente mi ha inviato!

Così ho potuto rileggere tutte le sue parole, e ringraziarlo per la sua splendida esortazione ai nostri studenti, perché sono certo che essi la porteranno sempre con sé!

Le parole di padre O’Reilly rappresentano un messaggio privo di qualsiasi connotazione ideologica in materia architettonica, perché pronunciato col cuore da un “non architetto” il quale, come spesso accade, ha molte cose da insegnare agli architetti mettendoli in guardia dal loro egoismo ed autocelebrazionismo, nel nome del buon senso e, nel caso in oggetto, nel rispetto della fede!

Dopo aver ascoltato e letto le parole di Padre O’Reilly, sono sempre più convinto che i “non architetti” (dotati di “buon senso” perché immuni a qualsivoglia lavaggio del cervello tipico delle facoltà di architettura), con le loro parole possono spesso consentire agli architetti di comprendere i propri limiti e i possibili effetti collaterali del proprio operato. Nel caso in oggetto, quando un “non architetto” è anche una persona con la sensibilità per le arti e, naturalmente, per la fede, il risultato è che una supplica possa divenire una vera e propria lezione per il resto della vita!

Per questo motivo ho chiesto cortesemente a Padre O’Reilly di autorizzarmi a tradurre e pubblicare la sua predica sul mio blog, sì da poterla condividere con tutti i miei affezionati lettori e sperare in una sensibilizzazione di massa su certi delicatissimi temi.

 L’esortazione di Padre Kevin O’Really[1] agli studenti della University of Notre Dame School of Architecture in Rome, nell’omelia della messa per l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2018-19

Preghiamo di continuo per voi perché il nostro Dio vi renda degni della Sua chiamata “.

I

Quanto suonano appropriate queste parole di San Paolo all’inizio di questo anno accademico! Esse risultano davvero appropriate per un gruppo di persone che hanno dedicato la propria vita, o sono in procinto di farlo, all’architettura. Quanto appaiono opportune queste parole per le persone che desiderano promuovere la causa della bontà nel mondo sotto forma di begli edifici!

San Tommaso d’Aquino, in uno dei suoi commenti sulla bellezza, cita Dionigi l’Areopagita – famoso pensatore la cui figura risulta di cruciale importanza, sia per cristianesimo occidentale che quello orientale – che riteneva “la bontà esser lodata come bellezza“. Tommaso nel concordare con Dionigi, sottolinea una importante distinzione, dando così un importante contributo alla comprensione della nostra esperienza di bellezza.

Nel primo caso, egli scrive: “La bellezza e il bene in una cosa sono fondamentalmente la stessa cosa; poiché si fondano sulla stessa cosa, cioè sulla forma; conseguentemente la bontà è lodata come bellezza” (STH I, q.5, a.4, ad 1). Tuttavia, di seguito, aggiunge che “differiscono logicamente, poiché mentre la bontà si relaziona correttamente all’appetito, la bellezza si riferisce ad una facoltà cognitiva, in quanto le cose belle sono quelle che piacciono quando si guardano” (ibid.).

II

L’esperienza della bellezza sorge quando ci deliziamo attraverso ciò che percepiamo intellettualmente. Tuttavia, nel caso della bontà, la nostra percezione di ciò che è veramente bello può risultare distorta. Conseguentemente possiamo deliziarci di cose oggettivamente prive di bellezza: brutte oppure, peggio ancora, semplicemente banali. La banalità è forse l’equivalente estetico del Nietzscheano “al di là del bene e del male“.

Ribadendo: la nostra esperienza della bellezza o la sua mancanza, in prima istanza riguarda l’intelletto, ragion per cui l’arte e l’architettura giocano un ruolo importante nel plasmare il nostro modo di pensare e comportarci. Innegabilmente, l’arte e l’architettura appaiono tanto più potenti quando, come purtroppo accade, molti di noi ignorano la loro capacità di modellare il nostro modo di pensare e, in definitiva, il nostro comportamento.

III

Se la memoria mi assiste, Martin Mosebach scrisse che, in epoche passate, l’architettura secolare prese spunto dagli edifici sacri che, a loro volta, risultavano plasmati dalla celebrazione Eucaristica. La ragione umana, plasmata dalla fede in Cristo, realmente e tangibilmente presente nell’Eucaristia, concepita e realizzata come dimora per il Signore Eucaristico. Questa ragione piena di fede, diffuse la sua influenza oltre i confini degli edifici ecclesiastici e, in tal modo, contribuì a modellare una coscienza generale nella società.

Non voglio sostenere che le belle chiese progettate e costruite nello spirito della Tradizione – come sottolinea il teologo domenicano, Marie-Dominique Chenu, l’arte e l’architettura sono monumenti della Tradizionesiano sufficienti a portare le persone ad una forte, osservante Fede Cattolica.

Tuttavia, ritengo che la rottura con le tradizioni Cattoliche nella musica, nella pittura, nella scultura e nell’architettura nel corso di tanti decenni, abbia probabilmente contribuito a minare la fede delle persone. In parole povere, questo lavoro incarna e comunica una filosofia che non è compatibile con la fede.

IV

Gesù disse: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare”.

Inizia così il brano del Vangelo di oggi. In qualità di persone che possiedono una speciale vocazione a partecipare al potere creativo di Dio portando la bellezza – e quindi la bontà – nell’essere, occorre essere sempre consapevoli del dovere sottinteso di una chiamata così privilegiata, una chiamata che si estende a tutto il proprio lavoro e non semplicemente agli edifici sacri.

Artisti, scultori, musicisti, architetti e così via, possiedono un certo potere: che possano o meno esserne consapevoli, essi plasmano la visione e i valori delle società in cui vivono. Gran parte dell’arte, della musica, della scultura e dell’architettura contemporanee della società occidentale, agisce come un qualcosa che intende oscurare il senso del trascendente in generale ed estinguere la luce della fede in particolare. Esse chiudono il regno dei cieli.

Gli artisti, musicisti e architetti cristiani sono chiamati ad essere coraggiosi e profetici nel loro lavoro, poiché agiscono come il lievito nella società. Di conseguenza il loro operato potrebbe generare persecuzioni e problemi. Tuttavia, in qualità di cristiani che sposano la fede, una, vera, santa, Cattolica e apostolica, nessuno di noi è esente dalla chiamata di Cristo che quotidianamente ci esorta a prendere le nostre croci e seguirLo.

V

Una vocazione alla bellezza può portare con sé sofferenza, ma la sofferenza non avrà mai l’ultima parola. Il Signore crocifisso è risorto dai morti, spalancandoci le porte del Paradiso. In questa vita, la vocazione alla bellezza porterà molti scorci della gloria del mondo che verrà. La bellezza artistica ispirata all’incarnazione della seconda Persona della Santissima Trinità, offre un indice della trasformazione che la grazia del Vangelo ha compiuto nella civiltà occidentale da oltre due millenni.

La mia supplica è dunque quella di esortarvi ad immergervi in ​​quella grazia nella vita sacramentale della Chiesa, in particolare nell’Eucaristia. Come ricordato da San Paolo nella lettura di oggi ai Tessalonicesi

“Preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo”.

La grande architettura non può essere una dichiarazione di tendenza alla moda o un intrattenimento momentaneo a spese del futuro. Deve essere al tempo stesso di carattere locale, di portata cosmopolita, ed eterna nell’aspirazione[2].

 

 

[1] “We pray continually that our God will make you worthy of his call.”

I

How appropriate are these words of St. Paul at the beginning of this academic year! Indeed, how appropriate they are for a group of people who have devoted their lives or are preparing to devote their lives to a vocation in architecture. How appropriate are these words for people who have a desire to further the cause of goodness in the world in the form of beautiful buildings.

St. Thomas Aquinas in one of his comments concerning beauty quotes Dionysius the Areopagite, a famous and crucially important thinker both in Western and in Eastern Christianity, to the effect that “Goodness is praised as beauty.” Thomas agrees, all the while making an important distinction and making an important contribution to our understanding of our experience of beauty.

In the first instance he writes: “Beauty and goodness in a thing are identical fundamentally; for they are based upon the same thing, namely, the form; and consequently goodness is praised as beauty” (STh I, q. 5, a. 4, ad 1). Then, however, he adds that “they differ logically, for goodness properly relates to the appetite” while “beauty relates to the cognitive faculty; for beautiful things are those which please when seen” (ibid.).

II

The experience of beauty arises when we delight in what we perceive with our intellects. As in the case of goodness, however, our sense of what is truly beautiful can become distorted. As a result we can delight in things that objectively lack beauty: they are either ugly or, even worse, simply banal. Banality is perhaps the aesthetic equivalent of the Nietzschean ‘beyond good and evil’.

To reiterate: our experience of beauty or the lack thereof relates to the intellect in the first instance. Art and architecture thus play a powerful role in shaping the way we think and behave. Indeed, art and architecture are all the more powerful when, as is unfortunately the case, most of us remain oblivious to the ways in which they shape our thinking and, ultimately, our behavior.

III

If my memory serves me correctly, Martin Mosebach writes that in bygone times secular architecture took its cue from sacred buildings, which in turn were shaped by the celebration of the Eucharist. Human reason, shaped by faith in Christ really and truly present in the Eucharist, designed and crafted fitting abodes for the Eucharistic Lord. This faith-filled reason spread its influence beyond the confines of church buildings and, in that way, helped to shaped a general consciousness in society.

I do not wish to argue that beautiful churches designed and constructed within the flow of Tradition – for as the Dominican theologian, Marie-Dominique Chenu, points out, art and architecture are monuments of Tradition – are sufficient to bring people to a strong, orthodox Catholic faith. I would argue, however, that the rupture with Catholic traditions in music, painting, sculpture, and architecture over many decades has probably helped to undermine people’s faith. Put simply, such work embodies and communicates a philosophy that is not compatible with the faith.

IV

Jesus said: ‘Alas for you, scribes and Pharisees, you hypocrites! You who shut up the kingdom of heaven in men’s faces, neither going in yourselves nor allowing others to go in who want to”.

Thus begins today’s Gospel passage. As people who have a special vocation to participate in God’s creative power by bringing beauty – and therefore goodness – into being, it’s necessary always to be conscious of the duty that attends such a privileged call, a call that extends to all of one’s work and not simply to sacred buildings.

Artists, sculptors, musicians, architects, and so on possess a certain power. Whether they are conscious of the fact or not, they mold the vision and values of the societies in which they live. Much contemporary art, music, sculpture, and architecture in Western society acts as a dispositive cause in obscuring a sense of the transcendent in general and of extinguishing the light of faith in particular. It shuts up the kingdom of heaven.

Christian artists, musicians and architects are called to be courageous and prophetic in their work as they act as a leaven in society. Persecution and trouble may well be their lot as a result. As Christians who espouse the one, true, holy, Catholic, and apostolic faith, however, none of us is exempt from Christ’s call to us to take up our crosses on a daily basis and to follow Him.

V

A vocation to beauty may well bring suffering in its wake but suffering will never have the final word. The crucified Lord has risen from the dead and thrown open the gates of heaven for us. In this life a vocation to beauty will bring many glimpses of the glory of the world to come. The artistic beauty inspired by the incarnation of the second Person of the Holy Trinity offers an index of the transformation that the grace of the Gospel has wrought in Western civilization over two millenia.

My plea to you is to immerse yourselves in that grace in the sacramental life of the Church, particularly in the Eucharist. scWith St. Paul in today’s reading to the Thessalonians

We pray continually that our God will make you worthy of his call, and by his power fulfil all your desires for goodness and complete all that you have been doing through faith; because in this way the name of our Lord Jesus Christ will be glorified in you and you in him, by the grace of our God and the Lord Jesus Christ.

Great architecture cannot be a trendy fashion statement or momentary entertainment at the expense of the future.  It must be at once local in character, cosmopolitan in scope, and eternal in aspiration. (https://architecture.nd.edu/about/)

 

[2] Https://architecture.nd.edu/about/

4 pensieri su “Architettura, una luce di speranza

    1. No, la messa non è stata cantata, eccetto alcuni passaggi e preghiere (in inglese o latino) che Padre O’Reilly ha cantanto a cappella molto piacevolmente

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