Realtà e balle sulla regolarità dell’iter dello Stadio a Tor di Valle

Rendering dello Stadio a Tor di Valle

Mano a mano che proseguono le indagini sulla vicenda di Tor di Valle, i media nazionali continuano ad informarci sull’evolversi della situazione. Nel bailamme generale però, c’è anche chi, nonostante tutto, ostentando una invidiabile sicurezza, sostenga “lo Stadio è in regola e si farà”.

La cosa preoccupante, a mio avviso, è il taglio “politico” che la cosa stia prendendo. Sembra quasi che, una volta che le indagini stavano andando a coinvolgere personaggi altolocati, qualcuno abbia tirato il freno a mano.

Ecco quindi che gli esponenti del partito politico responsabile della delibera iniziale che avviò questa vergogna, oggi si permettono – tramite i media loro asserviti – di fare una crociata anti-Raggi, piuttosto che cospargersi in capo di ceneri e fare autocritica, sì da rendersi conto che, con quell’ignobile e ipertrofico progetto iniziale, sia stato avviato un processo “ricattatorio tendente a far pesare come un macigno morale il paventato “danno” alle pubbliche finanze derivante dalla mancata realizzazione del privatissimo “capriccio di Parnasi & Pallotta”.

Quel ricatto, come qualsivoglia atto proveniente da persone in malafede, si limita a far credere ciò che interessi a chi lo metta in atto, sicché, piuttosto che l’intero ammontare del danno reale per l’intera collettività, si preferisce spaventare l’opinione pubblica snocciolando dati ipotetici relativi alla perdita di posti di lavoro o del mancato introito del contributo costo di costruzione, ecc.

Peccato che, nel caso dei posti di lavoro, non si specifichi che gli stessi possano riguardare il lavoro di potenziali nuovi impiegati dell’ennesimo centro commerciale che, fagocitando il mercato, farebbe perdere il lavoro a tanta gente che un lavoro ce l’aveva già!

Quanto al mancato introito del contributo costo di costruzione che, a detta dell’articolo pubblicato da F. Magliaro su “il Tempo” del 23 giugno[1] u.s., ammonterebbero a 45 mln/€ nell’ultima versione del progetto (quello iniziale dell’era Marino era stimato in 53 mln/€), occorrerebbe che la gente sapesse che, con quella cifra, anche se incrementata del contributo di urbanizzazione previsto, non verrebbe coperta che una minima parte delle spese necessarie per adeguare la Via del Mare e la Ferrovia Roma-Lido, rendendole “sicure e adeguate”, evitando così che, una volta realizzato e reso operativo il privatissimo “Business Centre con annesso Stadio”, si debba piangere per le vittime stradali e i disagi all’intera cittadinanza gravitante nella vastissima area di Tor di Valle[2]!

Desta non poca preoccupazione il fatto che, nonostante le ripetute indicazioni tecnico-amministrative, da più direzioni fornite in merito alla lunga serie di irregolarità del progetto, qualcuno continui ritenerlo regolare solo perché – ad oggi – l’inchiesta verta sul “sistema Parnasi-Lanzalone” piuttosto che anche sullo Stadio.

Per esempio, è stato scritto[3]:

«Non vi è un solo atto dell’iter – lungo, complesso e, soprattutto, collegiale – finito nel mirino della Procura che, se del caso, vaglia la validità degli atti, non la loro correttezza amministrativa. Spiego: la Procura di Roma deve appurare se gli episodi corruttivi contestati agli indagati, hanno interessato la formazione di un qualunque atto, alterandolo e, quindi, rendendolo non valido. La Procura non entra nel merito delle interpretazioni amministrative delle norme. Per quello ci sono le magistrature amministrative se e quando saranno interpellate. L’Anac non si occupa di queste cose: si occupa degli appalti pubblici e non a caso il suo presidente, a mia specifica domanda (registrata pubblicamente) rispose che loro non guardano la correttezza amministrativa dell’iter in sé ma, semmai e se e quando sarà, il rispetto delle norme sugli appalti. Quindi: quelli che…

  • L’Anac ha detto sì, dicono una cazzata. Anche se siedono in Campidoglio;
  • La Procura ha detto sì… dicono una cazzata (che, per altro, potrebbe essere smentita ogni giorno);
  • L’iter è viziato, dicono una cazzata. L’iter è valido. Non corretto da un punto di vista di diritto amministrativo, questo non lo sappiamo e lo sapremo solo se e quando si pronunceranno le Magistrature amministrative, le sole preposte a questa analisi e mai d’ufficio ma su richiesta».

Ebbene, se si può convenire sul ritenere “cazzate” quelle del primo e del secondo punto, non altrettanto si può dire di ciò che venga affermato nel terzo. Da giornalista e non da tecnico, l’autore dell’articolo può sicuramente ritenere di dover aspettare che si pronuncino le Magistrature Amministrative sulla “validità dell’iter” … ma non può certamente sentirsi legittimato a dare del “cazzaro” a chi, da tecnico del settore, possa aver spiegato, anche in maniera minuziosa dove, come, quando e perché l’iter del progetto, sin dai suoi albori, risulti irregolare, ergo non valido!

Posso comprendere – ma non approvare – che alcuni giornalisti, per ragioni legate all’area politica di appartenenza e/o al proprio datore di lavoro usino i loro scritti per “piccole vendette” nei confronti di Berdini e/o del Tavolo della Libera Urbanistica, ma non che, senza le dovute conoscenze della materia, si possano offendere dei professionisti esperti i quali, da anni e senza secondi fini politici, si stiano spendendo a difesa della legalità e del rispetto di Roma.

Non volendomi quindi dilungare in argomenti come l’assurdo suggerimento … “nell’interesse della città” di rivedere al rialzo le cubature per lo Stadio a Tor di Valle – argomento che merita un approfondimento a parte – lascio la parola al nuovo breve testo di Luciano Belli Laura che, partendo dai citati due articoli di Magliaro, va ancora una volta a spiegare come stiano le cose in materia di interesse pubblico, di vincolo e di iter procedurale.

Dopo un fior d’inchiesta sul fior di corruzione, che fare d’un fior di progetto per un fior di stadio a Tor di Valle? (di Luciano Belli Laura)

Amarcord che vicino casa c’era un Campo sportivo, nel grande parco del Palazzo Comunale con annesse Scuole Elementari. Vi giocavano le squadre del Circondario con gli spettatori dietro la rete perimetrale o nella tribunetta vip da venticinque posti. A Ferragosto, però, chiunque poteva accedervi preferendo, alla balera ricavata sotto alberi secolari, le giostre ed i baracconi del tirassegno. Gli adolescenti andavano all’Oratorio, tra la Chiesa Parrocchiale e la Casa del Vicario (o super-parroco) dove, al coperto, c’erano alcuni calciobalilla (o biliardino) ed allo scoperto c’era un campo di calcio lungo quanto largo: in pratica con il dischetto di centro campo coincidente con quelli dei rigori. Al vice-parroco, pertanto, era delegato il compito d’arbitrare continue risse in aree di rigore tra chi “teneva” (o tifava) per la Signora Juve (dei signori Agnelli) e chi per il Grande Toro (dei proletari granata).

Amarcord che al mare, si facevan lunghe piste tortuose sull’arena del litorale sulle quali far scivolare palline di plastica, metà colorate e metà trasparenti, onde permettere di vedere l’effige di grandi campioni del ciclismo, quali Bartali, Coppi, Magni. Cosicché, i figli dei “partigiani” di Peppone, giocavano parteggiando per chi, anche quando vinceva, era solito dire: “Gli è tutto sbagliato. Gli è tutto da rifare”.

Questa premessa è ciò che mi sovviene vedendo ed ascoltando chi ancora sostenga che, nell’iter dello Stadio per la A.S. Roma, non sia “tutto” sbagliato e, pertanto, non sia “tutto” da rifare! Che lo si voglia credere o no, c’è infatti chi ritenga sufficiente a risolvere la situazione riconoscere nuovamente l’interesse pubblico dell’intervento attraverso una Terza Delibera dell’Assemblea Capitolina (in luogo della 2^ DAC che, il 14 giugno ’17, aveva confermato la 1^ DAC del 22 dicembre ’14) !! … In pratica, c’è chi ritiene che basterebbe una Terza Conferenza di Servizi Decisoria Regionale (la 2^ CdS terminò il 5 dicembre ’17), per assentire la realizzazione dell’ennesima versione del “progetto” di Stadio a Tor di Valle.

Questo è per esempio ciò che viene esplicitato nell’articolo di Fernando M. Magliaro, “Stadio, tutte le nuove incognite sul progetto”, apparso su “il Tempo” di sabato 23 giugno con questa premessa: «Procura a parte, il cui lavoro, non concluso, al momento non pare rilevare dubbi in merito alla validità degli atti prodotti, sul progetto Stadio della Roma si presentano una serie di nuove incognite che potrebbero portare a un lungo rallentamento dell’iter, riportandolo, di fatto, all’anno di grazia 2016, cioè all’avvio della prima Conferenza di Servizi decisoria. E, da un punto di vista economico, con un danno sia per la città di Roma – in termini di investimenti, opere pubbliche, tasse, economia cittadina – stimabile per difetto in un miliardo e 200 milioni di euro e per la società sportiva Roma in almeno una sessantina di milioni di euro».

Cosa si dovrebbe fare per evitare questi “danni”? Se abbiamo capito bene, ri-deliberare l’utilizzo di € 45 milioni – che l’Amministrazione Raggi aveva destinato al “miglioramento dell’offerta e del servizio di trasporto pubblico su ferro, prioritariamente attraverso l’acquisto o eventualmente attraverso il revamping di treni sulla ferrovia Roma-Lido– giacché l’Amministrazione procedente sul “progetto”, cioè la Regione di Zingaretti, aveva deciso di destinare fondi ben più rilevanti all’ammodernamento della suddetta linea.

Questa soluzione però, non considera il fatto che ogni amministrazione possa destinare alla realizzazione di opere pubbliche – in qualsivoglia parte della città – i proventi del “costo di costruzione” dovuto dal costruttore – realizzante opere private in aree specifiche – sebbene nel rispetto delle priorità individuate dalla Pubblica Amministrazione e non dal “privato”.

A meno che oggi, come sembra voglia farci intendere Magliaro nel citato articolo, le priorità della Pubblica Amministrazione non siano mutate: «Politica a parte, l’eventuale riscrittura della delibera di pubblico interesse si renderebbe essenziale per evitare nuovi strappi (o nuove toppe) a un iter già di suo abbastanza stiracchiato. E, nella nuova eventuale delibera, due le soluzioni più semplici: l’incremento di cubature a compensazione per rimediare al reinserimento del Ponte di Traiano (che non necessariamente si tradurrebbero nel ripristino delle tre Torri). Oppure, destinando al Ponte proprio il contributo costo di costruzione, ridefinendo la lista delle opere oggi inserite nel pubblico interesse (18 milioni fra parco, videosorveglianza, pontili e golene) cui aggiungere solo un sostanzialmente modesto sovrappiù di cubature».

Questo perché, spiega sempre Magliaro nel testo “Stadio, vediamo di chiarirci”, postato nel blog “Athos o della limpidezza” il 23/06, con l’indicazione delle ragioni per l’eventuale ri-deliberazione dell’interesse pubblico a beneficio dell’opera nata, essa si ribadisce “privata”. Forsanche con nuova DAC pubblica prima e con nuova CdS poi, senza però considerare alcun nuovo PROGETTO, in altra AREA e di qualsivoglia nuovo PROPONENTE.

Eppure, “le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare” … se, financo i bambini, sanno che, per fare un tavolo, ci vuole il legno; per fare il legno, ci vuole … l’albero, il seme, il frutto, il fiore. Per fare un fiore, ci vuole … il ramo, l’albero, il bosco, il monte, la terra. E per far la terra ci vuole un fiore. Per fare tutto ci vuole un fiore. E così, per fare un fior di delibera comunale ci vorrebbe un fior di progetto. In un fior d’area servita da un fior d’infrastrutture pubbliche. Insomma, ci vorrebbe un fior di progetto d’un fior di proponente.

Va da sé che ci vorrebbe pure un fior d’amministrazione pubblica, che valutasse il fior d’interesse pubblico al di là del proprio interesse a non perdere voti se non asseconda chi sbraita “FamoStoStadio”. Neanche da dire che nessun sovrintendente – anche quelli all’occupazione della propria prole – al 120° giorno, possa archiviare il fior di “vincolo” che altri soprintendenti abbiano apposto a Beni Culturali ed Ambientali da salvaguardare!

S’intende che un fior d’amministrazione procedente debba manifestare “assenso” o “assenso con prescrizioni” limitate e ottemperabili ai progetti, ovvero “diniego” a quelli evidenzianti motivi ostativi rilevanti e/o mancata conclusione di prodromiche procedure VIA, VAS e Variante Urbanistica … questo considerando ovviamente il fior d’investimenti certi, in opere pubbliche e private, allorquando comportino reale occupazione e ricchezza ai cittadini d’un fior di città.

[1] http://fmmagliaro.blogspot.com/2018/06/stadio-tutte-le-nuove-incognite-sul.html

[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/12/08/lo-stadio-a-tor-di-valle-si-fa-e-quasi-tutti-vissero-infelici-e-scontenti/

http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/04/evitare-di-morire-di-malaurbanistica-si-puo-fermiamo-lo-stadio-a-tor-di-valle/

[3] http://fmmagliaro.blogspot.com/2018/06/stadio-vediamo-di-chiarirci.html

6 pensieri su “Realtà e balle sulla regolarità dell’iter dello Stadio a Tor di Valle

  1. Mi soffermo solo sull’argomentazione relativa all’ipotetica perdita di posti di lavoro : argomento risibile e contraddittorio quando in gioco c’e’ il rispetto delle procedure e delle leggi e si può obiettare che anche la mafia da’ lavoro a molte persone ma non per questo la si può accettare o esimersi dal contrastarla ! O no ?

  2. Chiedo venia, vorrei solo sapere che fine ha fatto la questione delle idrovore, credo di essermela persa per strada. Colgo l’occasione per ringraziare quanti in questo Blog si spendono per fare chiarezza con obiettività su contenuti e forme di questa decisiva vicenda d’interesse pubblico.

    1. Caro Maurizio, quello delle idrovore è uno dei numerosissimi dubbi alla fattibilità del progetto che, in questo momento, qualcuno finge di non conoscere. Ci troviamo davanti ad una cialtronata epocale che i paladini dello stadio e della sua “regolarità” fingono di non conoscere.
      Colgo l’occasione per ringraziarti della tua preziosa osservazione sperando che la leggano i “paladini” di cui sopra

  3. L’aspetto che è da sempre trascurato, sin dalle approvazioni Marino e Caudo è, a mio parere, quello dell’interesse pubblico. Quale interesse può avere la cittadinanza romana nel creare una “nuova centralità” in un’area umida del Tevere senza che sia espresso in alcun modo il costo nel tempo della gestione di quell’area (pulizie, illuminazione pubblica, trasporti, manutenzione, servizi, vigilanza etc. etc.) e contemporaneamente abbandonare nel pieno centro di Roma un secondo cadavere di Stadio che in pochi anni è destinato a degradarsi come il Flaminio trasformando il principale polo turistico museale di Roma (due stadi, un palazzetto dello sport, auditorium, foro italico e maxi tutti in un’area di pochissimi km2) in un’area di serie C della città

  4. A sentire Mr Parnasi adesso si chiama “…rimuovere gli ostacoli burocratici…”, l’attività per cui è indagato. Bisogna farla finita pure co’ ‘sta patacca della burocrazia. Questa nasce con la civiltà; anche prima, quando le tribù preistoriche conteggiavano i nati e i morti a fine ciclo solare : saldo naturale si chiama. Poi i Sumeri ne lasciano traccia nelle prime iscrizioni per conteggiare la produzione di grano. Basta per carità co’ ‘sta storia dozzinale e buona per ogni malefatta che addebita alla burocrazia l’incapacità di alcuni nel fare le cose.

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