Osservazioni alla Delibera di Giunta Comunale Roma n. 120/2022 Riguardante le Modifiche delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale

Note depositate in occasione della Audizione presso la commissione consiliare VIII Urbanistica in rappresentanza del Comitato Salviamo Villa Paolina di Mallinckrodt con delega di: Associazione AMUSE; Comitato Rinascita Tiburtina; Associazione Cittadinanzattiva Lazio; Comitato Piazza Caprera; Comitato per la Tutela del Complesso Archeologico di Santa Agnese; Comitato Amo Quartiere Trieste; Comitato dei Pini di Villa Glori

Introduzione

In data 14 aprile 2022, con Delibera n. 120, la Giunta Capitolina ha invitato i propri Uffici a formulare una proposta di “revisione e attualizzazione delle Norme Tecniche Attuative del PRG vigente”. Con tale iniziativa si intende rendere tali revisioni una forma di “semplificazione e coordinamento alle altre normative”. La revisione più importante, come era normale aspettarsi, riguarda la “Rigenerazione Urbana” di cui alla L. R. n. 7 del 2017 con l’obiettivo di “azzeramento del consumo di suolo entro il 2050”. A questa revisione, apparentemente condivisibile, è tuttavia legata la richiesta dell’aggiornamento della Carta per la Qualità e della Carta della Città  Pubblica, quali strumenti indispensabili di un’efficace gestione, che, se mal diretta, rischia di mettere a repentaglio l’edilizia storica e il tessuto sociale della città: un timore confermato dalle pericolose proposte formulate dall’ACER e dall’Ordine degli Architetti di Roma di cui si dirà più avanti.

Riflessioni

Condividendo in toto le osservazioni depositate da Italia Nostra Roma in merito alla funzione del PRG ed al modo in cui la modifica delle norme dovrebbe avvenire, nonché in merito alla necessità di “provvedere alla revisione degli uffici e infoltirne le unità operative” per ovviare al problema principale del processo edilizio, che non riguarda le norme, ma l’inefficienza della struttura gestionale, occorre fare una riflessione generale sulle norme nazionali esistenti e sul modo in cui l’urbanistica del dopoguerra sia stata sviluppata.

La città del dopoguerra infatti, a causa dell’orientamento ideologico scaturito dalla Carta di Atene del 1933 (pubblicata dal solo Le Corbusier nel 1941), che ha portato alla Legge Urbanistica 1150/42 e a tutte le leggi successive, standard urbanistici inclusi, ha totalmente perso di vista il senso ultimo dell’urbanistica, ovvero il disegno della città, la creazione di luoghi per la socializzazione, l’integrazione sociale, la condivisione dello spazio pubblico, la creazione del senso di appartenenza.

La città “moderna e funzionale” ha deliberatamente abbandonato la scala umana in ossequio dell’industria automobilistica, portando di fatto la nostra generazione ad interrogarsi su di un modo più “sostenibile” di costruire.

Questa riflessione risulta fondamentale per poter comprendere la ragione per cui il tema della “Rigenerazione Urbana” non possa, in nessun modo, riguardare la città storica ma esclusivamente la “non città” sviluppata sulla base di quell’ideologia.

Purtroppo, chi promuove oggi dei piani urbanistici e/o degli interventi edilizi, procede per slogan, mirando ai sentimenti della gente, abusando di parole chiave come “sostenibilità”, “rigenerazione”, “resilienza”, “smart”, “adeguamento sismico”, “efficientamento energetico”, ecc.

Questo trucco ha consentito che venissero approvate pericolosissime leggi – come la Legge Regionale del Lazio n°7 – atte a sdoganare la città storica e l’intero patrimonio edilizio storico in nome di una presunta “rigenerazione urbana mirante ad efficientare degli edifici che non necessitano di nulla e che, a causa di interventi invasivi e incompatibili con le antiche strutture, rischiano di venir meno: si pensi per esempio ai tanti edifici sopravvissuti ad eventi sismici drammatici come il terremoto della Marsica del 1915 e che, a seguito del massiccio uso di cemento armato, imposto a partire dalla Carta del Restauro di Atene del 1931 e messo in pratica soprattutto dagli anni ’50 del secolo scorso per presunti interventi di “consolidamento”, sono venuti giù come un castello di carta in occasione del terremoto del 2009 … un fenomeno analogo ed ampiamente documentato in occasione dei drammatici eventi sismici registrati in Emilia Romagna (2012) e ad Amatrice (2016), nonché dai crolli avvenuti a Pompei (2010).

Aver incluso nella “Rigenerazione Urbana” la possibilità di mettere mano al patrimonio storico in nome dell’adeguamento sismico e dell’efficientamento energetico è infatti una semplice concessione a chi, resosi conto del disinteresse del mercato immobiliare per aree “moderne” prive di valore urbanistico/ambientale, voglia estendere i propri tentacoli su aree ed edifici molto più appetibili.

La Rigenerazione Urbana non può e non deve essere estesa, per interessi lobbistici, ad aree ed edifici storici, per i quali occorrerebbe semplicemente dotarsi di Piani di Recupero concepiti secondo i criteri indicati dalla Legge Regionale dell’Emilia Romagna 47/78[1].

Non si tratta di voler criminalizzare qualsivoglia attività edilizia a Roma, cosa che risulterebbe controproducente per tutti, semmai si tratta di voler reindirizzare – in maniera molto più interessante e redditizia – l’interesse dei costruttori e dei liberi professionisti verso aree diverse da quelle storiche: La Rigenerazione Urbana infatti, piuttosto che mirare alla “periferizzazione della città storica” dovrebbe mirare alla “centro storicizzazione delle periferie.

Come si è infatti detto, il problema della città “moderna e funzionale, prodotta a partire dal secondo dopoguerra, non è solo quello della sua assoluta disfunzionalità energetica e di mobilità, ma anche e soprattutto quello dell’assoluta mancanza di spazi pubblici per la socializzazione e l’assoluta mancanza di qualsivoglia carattere atto a sviluppare il senso di appartenenza dei residenti.

Si rifletta a tal proposito su come la mancanza di qualità dei quartieri “moderni e funzionali”, risulti alla base del problema della congestione del traffico – veicolare e pedonale – nelle aree centrali, causato dalla “migrazione temporanea” verso il centro storico, alla ricerca di quegli spazi negati nel proprio quartiere … questo vuol dire che una opportuna “Rigenerazione Urbana” delle periferie – che consideri la sostituzione di interi quartieri con agglomerati degni di essere considerati “brani di città” come per esempio avvenuto a Le-Plessis-Robinson nella periferia sud-ovest di Parigi[2]porterebbe con sé il miglioramento del centro storico, il cui unico problema attuale è quello causato dal fenomeno descritto, nonché dalla sua “Disneyficazione” causata dall’allontanamento delle attività artigianali e dei negozi per la vita di ogni giorno, ergo dei residenti, a favore del proliferare di attività turistico-ricettive e di negozi per turisti che mortificano la città, conducendola gradualmente alla sua morte.

Quello della “Disneyficazione” è un problema serio che risulterebbe gravemente incrementato dalla proposta di revisione delle NTA atta a consentire, in maniera praticamente incondizionata, il cambio di destinazione d’uso con esclusione delle sole zone “D”.

In quest’ottica – specie se studiato attentamente il caso parigino menzionato e i tanti analoghi interventi in giro per il mondo[3] – risulta chiaro come l’attività edilizia possa trovare maggiori benefici concentrandosi esclusivamente sulle aree degradate, piuttosto che sulle aree e sull’edilizia di pregio, fino a portare alla cancellazione dai dizionari della parola “periferia.

Del resto, chi miri allo stravolgimento dell’edilizia storica dovrebbe riflettere a fondo, per analogia, sull’ammonimento pronunciato dal Capo Indiano Sioux, Orso in Piedi: «Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, l’ultimo animale ucciso, vi accorgerete che non si può mangiare il denaro!», un aforisma che potremmo parafrasare in “quando il carattere dei nostri centri storici sarà perduto, divenendo non dissimile dalle periferie di tutto il mondo, non vi sarà più alcuna ragione di interesse a visitare le nostre città né nell’acquistare una casa.

Per rafforzare l’importanza della necessità di intervenire sull’edilizia e i “quartieri” più recenti, teniamo a sottolineare che un reale efficientamento energetico degli edifici in ottemperanza di COP 26 – a meno di una miope visione consumistica a breve termine – non possa operarsi attraverso lo sperpero di denaro per l’installazione – necessariamente periodica – di cappotti termici dalla vita breve, ma attraverso la sostituzione di un patrimonio edilizio energivoro e dalla vita breve, che porterebbe con sé – se opportunamente realizzato come nei progetti sviluppati per il Corviale di Roma[4] e lo ZEN di Palermo[5] sulla base delle norme e strumenti in vigore in Italia fino al 1925 – non solo lo stop al consumo di suolo, ma addirittura a una restituzione  di terreno alla natura per lo sviluppo di aree verdi e agricoltura … oltre che degli immensi profitti pubblici e privati.

Osservazioni sulla Proposta dell’ACER.

  • Sulla modifica dell’Art.6 (Classificazione delle destinazioni d’uso)

Si ritiene che il comma 2-bis proposto, che recita: “A prevalere su eventuali previsioni difformi contenute nelle singole componenti e/o tessuti del presente PRG, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa macro categoria funzionale, è sempre ammesso. Nel caso in cui si esegua un mutamento di destinazione d’uso che determini un aumento del carico urbanistico, si applica quanto previsto al successivo art. 8”, risulti inammissibile all’interno della città storica, nonché riguardo agli edifici storici,per le ragioni espresse in premessa, se non a seguito di una opportuna valutazione caso per caso che tenga in considerazione le reali situazioni. A tal proposito, dato il pericolo “Disneyficazione”, l’esempio messo in atto dall’ex sindaco di Porto, Rui Moreira, può essere un modello virtuoso cui ispirarsi[6].

Altrettanto dicasi per il comma 6, per le stesse ragioni, così come l’inserimento del comma 7 che, esprimendosi in termini categorici quali: “Le disposizioni contenute nella presente norma, prevalgono su eventuali previsioni difformi contenute nelle presenti norme tecniche”, risulterebbe pericolosissimo per il nostro patrimonio storico urbano.

Nella successiva Relazione alla Proposta di modifica, anticipando quanto poi detto nella proposta di modifica dell’art.8, viene data una ulteriore facilitazione al cambio di destinazione d’uso assolutamente deleteria, infatti viene detto che: “qualora il cambio di destinazione tra sottocategorie funzionali, implichi una differenza di carico urbanistico, ovvero un aumento del fabbisogno delle dotazioni territoriali, è stato prospettato un sistema di assolvimento dell’onere, in termini di reperimento di standard urbanistici di cui al DM 1444/1968, anche attraverso il sistema della monetizzazione, così come disciplinato al successivo art. 8 delle NTA del PRG, così come proposto nella modifica”.

Ebbene questa è una possibilità assolutamente da escludere. Se infatti la città contemporanea è così squallida e priva di spazi pubblici degni di tale definizione, è anche perché, in aggiunta al mancato “disegno della città” detto in apertura, la pessima “urbanistica dei numeri e delle contrattazioni” ha portato non solo a limitare al minimo (apparentemente) indispensabile gli spazi pubblici, ma addirittura alla loro possibile monetizzazione, ergo alla possibilità che certe dotazioni venissero a mancare per sempre.

  • Sulla modifica dell’Art.8 (Standard Urbanistici)

La modifica proposta, come testé spiegato, è inammissibile, se realmente si vuol far credere che si intenda applicare il principio della “Rigenerazione Urbana” … a meno che non lo si intenda fare attraverso la sua degenerazione.

In particolare, se sul comma 6 si è data spiegazione della sua inammissibilità in chiusura del paragrafo precedente, sul successivo comma 7 proposto, che recita “Le disposizioni contenute nella presente norma, prevalgono su eventuali previsioni difformi contenute nelle presenti norme tecniche”, si ritiene che esso vada a configurarsi come una vera e propria macchina da guerra atta a consentire la perdita delle dotazioni, anche minime, previste dalla normativa.

  • Sulla modifica dell’Art.9 (Categorie di intervento urbanistico e edilizio)

Il totale stravolgimento dei contenuti dell’articolo risulta estremamente pericoloso, in particolare risultano assolutamente inammissibili il comma 2: “Sono classificati come interventi diretti di ristrutturazione edilizia, non subordinati all’approvazione di un Piano di recupero ai sensi dell’art. 28 della L. 457/1978, quelli di demolizione e ricostruzione ove non siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente, ovvero siano previsti incrementi di volumetria, eseguiti sugli immobili ubicati nei tessuti T6, T7, T8 e T9 della Città Storica, mentre per quelli eseguiti sugli immobili ubicati nei tessuti T4 e T5 della Città Storica, è necessario acquisire preventivamente il parere del COQUE, ovvero della Sovrintendenza Capitolina per quelli inseriti nella Carta per la Qualità di cui all’art. 16 delle presenti norme. Negli altri tessuti della Città Storica si applica quanto previsto dalle norme di componente del presente PRG”. E il successivo comma 4Le disposizioni contenute nella presente norma, prevalgono su ogni eventuale previsione difforme contenuta nelle presenti norme tecniche”.

Una norma del genere risulterebbe infatti la condanna a morte dei tessuti T6 (Tessuti di espansione novecentesca a fronti continue) e T7 (Tessuti di espansione novecentesca a lottizzazione edilizia puntiforme) nonché un pericolo per i tessuti T4 (Tessuti di espansione otto-novecentesca ad isolato) e T5 (Tessuti di espansione otto-novecentesca a lottizzazione puntiforme), dato il gravissimo precedente del villino Naselli in via Ticino, del MACRO, dell’edificio della ex Zecca di Stato, dell’edificio dell’ex Unione Militare, ecc.

Perché una norma del genere possa essere resa attuabile occorrerà operare un aggiornamento serio e completo della Carta per la Qualità ed un rafforzamento della Sovrintendenza Capitolina, onde evitare ulteriori perdite del nostro patrimonio edilizio che, sebbene non iscritto nelle liste dei beni vincolati, contribuisce fortemente all’immagine identitaria della Capitale.

A tal proposito occorrerebbe rammentare ciò che venne detto in occasione del secondo simposio organizzato dal Consiglio d’Europa[7] nel lontano 1974: «Gli Europei hanno il dovere, sia dal punto di vista sociale che economico, di salvaguardare il loro patrimonio architettonico, bene insostituibile che va rapidamente scomparendo. La vita sociale e comunitaria appare meglio salvaguardata negli edifici restaurati che nelle nuove costruzioni; inoltre, i costi e le incidenze sociali del restauro, confrontati con quelli delle nuove costruzioni, potrebbero costituire ulteriore argomento in favore del restauro» … nell’era della presunta “rigenerazione urbana” non si può ignorare un ammonimento del genere.

Il 1974, per noi romani, fu anche l’anno della Variante del PRG[8] della quale sembra che tutti si siano dimenticati.

Questo non significa voler impedire l’attività edilizia, ma consentirla laddove possibile, nel rispetto dei luoghi e della gente.

  • Sulla modifica dell’Art.16 (Carta per la Qualità)

La Relazione alla proposta di modifica spiega: «La proposta di modifica all’art. 16 delle NTA mira a ricondurre la Carta per la Qualità degli interventi, così come previsto dall’art. 2 delle NTA, ad elaborato gestionale e non prescrittivo del PRG.

L’obiettivo è quello di riportare la Carta a strumento utile per la conoscenza e il supporto alla progettazione degli interventi.

Si ricorda che la Carta per la Qualità, di cui all’art. 16 delle NTA, nasce come un elaborato gestionale, legato alle norme tecniche del PRG adottato nel 2003, mai allineato al PRG del 2008 e strutturato in modo poco flessibile e generalizzato (prova ne è, che vi risultano censiti tutti gli edifici pubblici).

Attraverso il suddetto elaborato è stato sostanzialmente operato un censimento degli immobili per epoca di costruzione, prescindendo da una verifica sulla qualità della tipologia edilizia effettivamente catalogata.

Inoltre, la Carta, dal 2003 ad oggi non è mai stata aggiornata, sebbene le NTA ne prevedano aggiornamenti periodici, di norma biennali».

Ebbene, nel rammentare che l’aggiornamento della “Carta”, previsto su votazione dell’Assemblea Capitolina dopo iter in commissione, è una scelta politica che, quindi, investe tutte le amministrazioni susseguitesi nell’ultimo ventennio, si ritiene inaccettabile l’idea di voler “ricondurre la Carta per la Qualità ad elaborato gestionale e non prescrittivo del PRG”, soprattutto alla luce di quanto spiegato dallo stesso propositore della modifica relativamente al mancato aggiornamento del documento negli ultimi 19 anni.

Chi conosca questo documento, soprattutto chi, come lo scrivente, ha avuto modo di utilizzarlo, sa bene che il documento risulti estremamente lacunoso: moltissimi edifici del primo Novecento, nonostante la loro qualità, il nome dei loro progettisti, ecc., non risultano inseriti nel documento … l’elaborato sembra esser stato redatto stando seduti ad un tavolo, piuttosto che a seguito di un accurato censimento. Per esempio, percorrendo viale Bruno Buozzi, mentre il complesso edilizio dell’INI progettato da Gino Cipriani e realizzato con la DL dell’ing. Francesco Maria Salvi e dal costruttore cav. Tonini risulta censito, l’adiacente complesso, realizzato dallo stesso costruttore e progettato dal Salvi, peraltro utilizzando il progetto sviluppato per due palazzine dell’adiacente complesso dell’INI, secondo i dettami dell’ing. Cipriani che intendeva perseguire “una uniformità architettonica”, non risulta censito.

Questo significa che, nelle more delle proposte modifiche delle NTA, le due splendide palazzine, classificate come “Città Storica – Tessuti di Espansione Otto-Novecentesca a Lottizzazione Edilizia Puntiforme T5”, non censite nella Carta per la Qualità, potrebbero un giorno essere demolite e ricostruite in nome di una presunta “Rigenerazione Urbana”.

È quindi chiaro che tutto ciò risulti inammissibile e richieda, piuttosto che una modifica come quella proposta, un rafforzamento dei poteri della Sovrintendenza Capitolina ed un aggiornamento puntuale della Carta.

  • Sull’Aggiunta dell’Art.21 bis (Ulteriori Incentivi per la Rigenerazione Urbana)

L’articolo, come di consueto, è stato scritto usando tutta la retorica possibile atta a far credere che si stia proponendo un qualcosa di meraviglioso, un’opera degna della lucidatura della mela di Biancaneve.

Il comma 1 sciorina tutta una serie di argomentazioni positive alle quali nessuno – che non conosca la realtà – potrebbe non dare credito. Dal miglioramento della vita dei cittadini alla limitazione del consumo di suolo, passando per il miglioramento della qualità ambientale e architettonica, l’efficientamento energetico e l’adeguamento sismico … peccato che, però, molte di queste argomentazioni servano come passe-partout per mettere le mani sul patrimonio storico, specie quello pubblico e quello di proprietà di enti religiosi interessati a fare cassa, come nel caso del perduto Villino Naselli.

I dubbi su quanto detto vengono avvalorati dal successivo comma 2 che recita: «In tutte le componenti del sistema insediativo del presente PRG, ad eccezione di quanto previsto all’art. 9 per la Città Storica, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia, ivi inclusa la demolizione e ricostruzione, con incremento fino a un massimo del 20 per cento della superficie lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta».

I successivi comma 3 e comma 4 spazzano ogni dubbio: «Oltre a quanto già consentito dall’art. 6, comma 2 bis delle presenti norme, sono altresì sempre ammessi, in modalità diretta, i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso (…)»; «Tali disposizioni prevalgono su eventuali previsioni difformi previste dal presente PRG».

Questo articolo dunque, a meno di una sostanziale eliminazione delle parti che minacciano l’edilizia storica, non può essere preso in considerazione e, come tale, va cassato.

  • Sulla modifica degli Artt. 25 (Tessuti della Città Storica) e 45 (Tessuti della Città Consolidata. Norme Generali)

La relazione alle due proposte di modifica, candidamente, spiega che: «Le proposte di modifica si pongono, entrambe, l’obiettivo di smussare il PRG, andando ad eliminare quelle previsioni tecniche fortemente limitative rispetto ai cambi di destinazione d’uso».

Alla luce di quanto detto in precedenza, anche questa modifica non è condivisibile e risulta pericolosa per il patrimonio storico architettonico, includendo in quest’ultimo tutto il patrimonio edilizio sviluppato nei primi trent’anni del Novecento.

  • Osservazioni sulla Proposta dell’OAR.

La proposta dell’Ordine degli Architetti sembra ripetere, quasi pedissequamente, a quanto richiesto dall’ACER, il che lascia molto da pensare … e ben poco da sperare.

Un tempo gli architetti pensavano, inventavano, realizzavano, per le città e per i loro mecenati, producendo meraviglie che arricchivano le città, oggi l’architetto medio, sempre più vessato da norme, tasse e burocrazia, pur di sbarcare il lunario sembra accettare passivamente di doversi limitare a prestare la propria opera per mettere in atto le idee speculative dello speculatore di turno, al quale della storia, dell’estetica, della qualità e del senso identitario dei luoghi non interessa nulla.

Questo documento, che non è un copia e incolla ma ci va molto vicino, rappresenta una sconfitta per la categoria e, ovviamente, per la città, perché mostra la totale mancanza di autonomia di pensiero e il totale disinteresse per il bene comune.

Semmai dovessimo cercare una differenza tra i documenti, essa va ricercata nell’attacco, ancora più diretto, contro quegli strumenti di piano atti a tutelare il patrimonio storico architettonico della città.

La proposta mira infatti a introdurre nelle NTA del PRG i contenuti della legge regionale 7/2017 in materia di “Rigenerazione Urbana”, di cambio di destinazione d’uso degli edifici e di interventi diretti, escludendo quelli indiretti fino a spingersi ad affermare che «la rigenerazione urbana in modalità diretta diventerà norma strutturale della pianificazione comunale».

L’OAR ritiene di dover consentire indiscriminatamente gli interventi ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione con un aumento del 20% della SUL esistente, nonché il cambio di destinazione d’uso escludendo la sola Zona A.

Un ulteriore punto pericoloso, non solo per l’edificato, ma anche per il tessuto sociale della città, è la nota relativa alla richiesta di eliminazione del comma 15 dell’art. 25 perché, si spiega: «Eliminare questo comma è importante perché la prescrizione di consentire il cambio d’uso da funzioni abitative solo nei piani interrati, terra e mezzanini impedisce la rifunzionalizzazione degli edifici residenziali dismessi in base alle tendenze del mercato. Inoltre, è importante eliminare questo comma perché non è concepibile che nella parte della Città Storica di Roma a forte vocazione turistica sia sostanzialmente impedito il cambio di destinazione d’uso da abitativo a ricettivo», in pratica, come è stato spiegato in precedenza, una cosa del genere è il viatico per la “Disneyficazione” della città pari a quella che si vede in gran parte del centro storico di Venezia.

Un’ultima annotazione critica sulla proposta dell’OAR riguarda quanto espresso in merito ai tessuti T6, T7, T8 e T9, laddove viene affermato: «I tessuti T6, T7, T8 e T9 sono insediamenti urbani realizzati prevalentemente con i piani regolatori del 1931 e del 1962 e rappresentano la parte più recente e periferica della Città Storica. Quindi, si tratta di tessuti il cui valore storico, urbanistico e architettonico è meno pregiato rispetto a quello dei tessuti T1 di origine medievale, T2 di espansione rinascimentale e moderna, T3, T4 e T5 di espansione otto-­‐novecentesca.

La proposta di classificare i tessuti T6, T7, T8 e T9 come zona omogenea B consentirebbe di realizzare, su edifici che ne hanno bisogno, interventi di riqualificazione come disciplinati nei nuovi articoli proposti con il “Capo 5 -­‐ Rigenerazione Urbana”».

Dunque, sebbene si possa condividere parte di questa nota critica ai tessuti edilizi, occorre sottolineare come non possa farsi di tutta l’erba un fascio e, semmai, occorra ancora maggior rigore nel definire la Carta per la Qualità al fine di censire accuratamente tutto l’edificato e poter distinguere caso per caso.

Conclusioni

Premesso e richiamato quanto espresso, numerosi comitati cittadini rappresentati dal Comitato Salviamo Villa Paolina di Mallinckrodt, affermando la propria condivisione verso semplificazioni e miglioramenti del PRG in merito alle procedure in termini di tempi e chiarezza amministrativa, esprime  la ferma convinzione che le norme e gli strumenti possano modificarsi solo in maniera organica, sì da non stravolgere il PRG nella sua interezza, chiarendo inoltre gli interventi di modifica del PRG, soprattutto nella “città storica” – anche se puntuali – debbano necessariamente essere valutati con gli strumenti propri della pianificazione, ragion per cui, come si è detto, occorre innanzitutto permettere l’aggiornamento in maniera completa e chiara la Carta per la Qualità. Si chiede altresì di rafforzare il potere prescrittivo a livello normativo, esattamente al contrario di un uso gestionale-consultivo, potenziando inoltre il personale in modo da facilitare lo smaltimento delle pratiche.

Per quanto attiene la Rigenerazione Urbana si conferma quindi quanto espresso in precedenza, ovvero che essa si configuri come una reale esigenza per l’intero tessuto urbano realizzato dal dopoguerra ad oggi, mentre non può e non deve considerare in alcun modo la città storica e l’intero patrimonio edilizio storico, anche se posto al di fuori della città storica.

A tal proposito, si ritiene che qualsivoglia iniziativa, simile a quella messa in atto nella ex banlieue Le Plessis-Robinson di Parigi, raccoglierebbe l’assoluto consenso della cittadinanza, in quanto verrebbe a configurarsi come un reale intervento di rigenerazione urbana il cui successo sociale, ambientale, economico, come si è detto, porterebbe benefici all’intera città … si rimanda ancora una volta all’articolo citato in precedenza per un approfondimento sui dati di quell’esempio virtuoso[9] e alle immagini che seguono, riferite alla conferenza dell’ex sindaco Philippe Pemezec, oggi Senatore della Repubblica Francese, mostrate in occasione del 58 Convegno dell’International Making Cities Livable tenutosi a maggio proprio a Le Plessis-Robinson, nel corso del quale gli è stato conferito un prestigioso premio, quale riconoscimento del lavoro di “rigenerazione”, eccezionale, messo in atto in quella ex banlieue.

Infine, per quanto attiene la possibilità di cambio di destinazione d’uso e considerata la necessità di preservare il tessuto sociale della città, si ritiene che il Comune debba porre un freno al proliferare di attività ricettive e commerciali a sfondo turistico che, gradualmente, stanno snaturando la città, trasformandola in un luogo artificiale e privo del necessario vissuto.

Arch. Ettore Maria Mazzola – Comitato Salviamo Villa Paolina di Mallinckrodt

Immagini mostrate dall’ex Sindaco Philippe Pemezec durante il 58° Convegno dell’IMCL nello scorso mese di maggio – Le didascalie sono la traduzione di quanto riportato nella presentazione in francese

Le Plessis-Robinson – Una Storia Urbana – di Philippe Pemezec, lo straordinario sindaco promotore della rigenerazione del quartiere racconta la sua esperienza al 58° Convegno dell’International Making Cities Livable

Il mio progetto – ricostruire una città di periferia attraverso un progetto urbano globale creando ricchezza e prosperità condivisa in una logica di mix urbano offrendo bellezza per tutti

Una città: Le Plessis-Robinson – 6 km a Sud-Ovest di Parigi

Storia – Un villaggio, fino al 1920, di 600 abitanti agricoli e rurali

Storia – 1924-1928 Prima Città-Giardino all’inglese

Storia – 1930-1936 Seconda Città-Giardino a tedesca

Storia – 1950-1970 Costruzione di grandi complessi residenziali del dopoguerra

Storia – 1950 – 1970: Urbanistica rettilinea, Architettura povera, Quartieri monofunzionali

Le Plessis-Robinson nel 1989 – 21000 ettari; Nessun centro città, un commercio moribondo; 80% di evasione fiscale; Una città sull’orlo del fallimento; Patrimonio sociale abbandonato; Strutture pubbliche sovradimensionate e datate

Le Plessis-Robinson nel 1989 – Edifici fatiscenti e Negozi chiusi

Le Plessis-Robinson nel 1989 – Un mercato, l’unico luogo di divertimento della città

Le Plessis-Robinson nel 1989 – Uno dei due collegi prefabbricati nel mezzo di una landa desolata

Le Plessis-Robinson nel 1989 – Edificato rettilineo, Un’architettura obsoleta

Le Plessis-Robinson nel 1989 – 73% alloggi sociali, solo il 15% proprietari

Potenziale insospettabile – Tuttavia … Un ambiente naturale raro così vicino a Parigi; Un mercato attraente nonostante un arredamento sordido; Un patrimonio storico e culturale da riscoprire; Una città come un diamante grezzo

L’incontro di Spoerry del 1990 – François Spoerry: pioniere dell’architettura morbida; Architettura vernacolare; Urbanistica di strade e piazze; Centralità; Diversità funzionale

La visione di François Spoerry nel 1990 – Un disegno: il cuore della città da creare da zero su un palcoscenico in disuso. Spazio libero per iniziare le operazioni

La visione di François Spoerry nel 1990 – Strade, piazze, edifici a misura d’uomo, architetture tradizionali

Il sogno diventa realtà 1990–2000 – 1990: inizio di un centro incolto

Il sogno diventa realtà 1990-2000 – 2000: fine. Un centro urbano urbanizzato con architettura classica

Il sogno diventa realtà – Via dello shopping; Ristoranti; Residenziale misto

La città ridisegnata – Ricostruzione della città; Dopo il Cuore della Città la Città Giardino

Dopo il 2000, la Città-Giardino – Dopo Francois Spoerry Xavier Bohl, architetto della coerenza. Il metodo rimane lo stesso

La città ridisegnata 2000–2008 – architettura tradizionale; Urbanistica di strade, piazze, giardini, densità ragionata

La città ridisegnata 2000-2008 – Un chilometro di fiume creato da zero

La città ridisegnata 2000-2008 – Armonia dell’edificio e del paesaggio, scelta dei materiali, architettura morbida

La città ridisegnata 2000-2008 – Un ricco ecosistema ricreato

Un progetto premiato – Palma d’Oro per l’Arte Urbana nel 1998 assegnata dal Séminaire Auzelle per il Bois des Vallées; Primo Premio Europeo per l’Architettura Philippe Rotthier per il «Miglior Nuovo Quartiere Urbano d’Europa” nel 2008; Territoria d’Or “Amenagement-Urbanism” per la nuova Città-Giardino nel 2009; Vincitore del Gran Premio Europeo per l’Urbanistica nel 2012 per la Città-Giardino; Fiore d’oro 2014 e 2017; 1° Premio Europeo Città e Borghi in Fiore 2005; Driehaus Prize 2018 ai progettisti Marc e Nada Breitmann; 2022 International Making Cities Livable Award al sindaco promotore, Philippe Pemezec, all’attuale sindaco, Philippe Juvin, continuatore del progetto, al progettista urbano Xavier Bohl e ai progettisti architettonici Marc e Nada Breitman

Un Metodo – Non esitate a capovolgere il tavolo; Affrontare le buone intenzioni: non permettere che le scelte vengano imposte; Il diritto di sperimentare: La nuova architettura; Cura dei dettagli: nulla deve essere lasciato al caso; Estetica urbana: un’architettura di integrazione piuttosto che di rottura; Controllo del pilotaggio: dotarsi degli strumenti e dei mezzi delle proprie ambizioni e della propria indipendenza 

Continuiamo a ricostruire la città – Quartiers des Bleus: Grande complesso monofunzionale 

Continuiamo a ricostruire la città – Quartiers des Architectes: Architettura morbida, urbanistica mista, bellezza per tutti 

Continuiamo a ricostruire la città – Parco Commerciale Noveos: 55 ettari di aree dismesse e uffici 

Continuiamo a ricostruire la città – Quartiere di Noveos: Abitato misto, affari, tempo libero 

Per chi volesse vedere delle immagini attuali di Le Plessis-Robinson invito a visitare la mia pagina FB cliccando su questo link https://www.facebook.com/media/set/?set=a.10219879081782921&type=3 dedicato all’album delle foto scattate in occasione del mio viaggio di maggio 2022.


[1] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2022/04/29/pnrr-si-grazie-ma-che-lo-si-faccia-sulla-falsariga-del-piano-di-rivitalizzazione-del-centro-storico-di-bologna-del-1969/

[2] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/23/le-plessis-robinson-quando-la-rigenerazione-urbana-quella-vera-paga-il-driehaus-prize-2018-a-marc-e-nada-breitman/

[3] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2021/10/27/costruire-il-bello-e-stimolare-il-senso-di-appartenenza-e-possibile/

[4] https://livablecities.org/2011/10/12/articles-regenerate-suburban-districts-proposal-ground-scraper-corviale-rome/

[5] E. M. Mazzola “Rigenerazione Urbana – Urban Regeneration” Editore Vertigo, Collana “Polis”, Roma 2021

[6] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2019/06/23/riflessioni-dopo-il-56-convegno-dellimcl-di-portland/

[7] Il Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo, organizza la cooperazione degli Stati europei nella maggior parte del settori che interessano il Cittadino, eccettuata la difesa; primo in data tra gli organismi politici europei (1949), abbraccia con i suoi 17 Paesi membri la più estesa superficie e il campo di azione più vasto. Il Simposio di Bologna era stato previsto nel quadro dell’anno del Patrimonio architettonico europeo (1975) lanciato dal Consiglio stesso col motto «un futuro per il nostro passato» ed aveva come tema generale «il costo sociale della conservazione dei centri storici»; temi specifici: «Adattamento, attraverso l’individuazione dei bisogni della popolazione, delle case antiche all’attuale modo di abitare nel rispetto della struttura o della tipologia originale degli immobili» (relatore: C. de Angella, controrelatore: J. Eckhardt-Hansen); «Adattamento del patrimonio architettonico in vista della sua destinazione ad uso pubblico con finalità socio-culturali realizzato attraverso la partecipazione della popolazione» (relatore: R. Scannavini, controrelatore: E. Martin); «Compatibilità. delle condizioni economiche degli abitanti del centro storico in ordine sia al costo sociale del restauro che al costo delle realizzazioni di nuove zone di espansione» (relatore: P. L. Cervellati, controrelatore: J. Houlet).

[8] http://archivioprg.altervista.org/wp-content/uploads/2018/04/NTA74.pdf

[9] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/23/le-plessis-robinson-quando-la-rigenerazione-urbana-quella-vera-paga-il-driehaus-prize-2018-a-marc-e-nada-breitman/ 

3 pensieri su “Osservazioni alla Delibera di Giunta Comunale Roma n. 120/2022 Riguardante le Modifiche delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale

  1. Caro Ettore, ti ringrazio sinceramente per il preziosissimo documento qui offerto, che mi avvio a rileggere per capirne bene il potenziale applicativo.

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